Page 73 - Nietzsche - Su verità e menzogna
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CAPITOLO XVI
Il caos di Anassagora non è una concezione immediatamente chiara: per intenderla si deve aver
compreso la rappresentazione del cosiddetto divenire che il nostro filosofo si è costruito.
Difatti, lo stato di tutte le esistenze elementari di diversa natura, se considerato in se stesso,
ossia prima di ogni movimento, non risulta ancora, e comunque non necessariamente,
un’assoluta mescolanza di tutti i «semi delle cose», come suona l’espressione di Anassagora.
Mescolanza che egli si immaginò come perfetta compenetrazione reciproca, fin nelle più piccole
parti, delle esistenze elementari, dopo che queste erano state pestate insieme come in un mortaio
e dissolte in un pulviscolo di atomi, così da poter essere ora rimescolate in quel caos come in
un recipiente. Si potrebbe dire che questa concezione del caos non possegga nulla di necessario.
O meglio, che si ha soltanto bisogno di ipotizzare un’arbitraria, casuale posizione di tutte quelle
esistenze, non già una loro infinita divisione: è già sufficiente un loro accostarsi reciproco privo
di regole, non è necessaria alcuna compenetrazione, men che mai una compenetrazione così
totale. Come pervenne dunque Anassagora a questa difficile e complicata rappresentazione?
Come si è detto, egli vi giunse attraverso la sua concezione del divenire empiricamente dato.
Egli in primo luogo riprese dalla sua esperienza un’assai notevole affermazione sul divenire, e
questa affermazione produsse poi forzatamente, come propria conseguenza, quella dottrina del
caos.
Fu l’osservazione dei processi di generazione nella natura e non la considerazione di un
precedente sistema a suggerire ad Anassagora la dottrina che tutto sorge da tutto: questa era la
convinzione dell’indagatore della natura, basata su un’induzione più volte ripetuta ma, in fondo,
di natura sconfinatamente povera. Egli argomentò come segue: se una qualità può sorgere
persino dal suo opposto, ad esempio il nero dal bianco, allora tutto è possibile. Ma ciò accade
appunto quando la neve bianca si scioglie nell’acqua nera. Egli spiegò la nutrizione del corpo
mediante l’ipotesi che siano presenti negli alimenti parti impercettibilmente piccole di carne o
di sangue o di ossa, le quali verrebbero espulse dagli alimenti durante la nutrizione per unirsi
poi con quegli elementi che, nel corpo, posseggono la loro stessa natura. Ma se tutto può
svilupparsi da tutto, il solido dal fluido, il duro dal molle, il nero dal bianco, la carne dal pane,
allora tutto deve essere altresì contenuto in tutto. I nomi delle cose esprimono quindi soltanto la
preponderanza di una sostanza sulle altre sostanze, le quali sono comunque presenti, ma in
quantità minori, spesso impercettibili. Nell’oro, vale a dire in ciò che a potiore si designa con il
nome di ’oro’, devono essere altresì contenuti argento, neve, pane e carne, ma in parti