Page 68 - Nietzsche - Su verità e menzogna
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avevano voluto semplificare il problema del divenire presentando soltanto una sostanza, mentre
ora al contrario viene detto: «ci sono innumerevoli sostanze, ma mai una in più, mai una in
meno, mai una nuova». È soltanto il movimento che le rimescola in modo sempre nuovo: che il
movimento sia però una verità e non un apparenza, Anassagora lo dimostrò, contro Parmenide,
in base all’incontestabile succedersi delle nostre rappresentazioni nel pensiero. Dal fatto che
pensiamo e abbiamo rappresentazioni ricaviamo dunque la conoscenza più immediata della
verità del movimento e della successione. In ogni caso è tolto di mezzo il rigido, quieto, morto,
unico essere di Parmenide; si danno molti essenti, e parimenti certo è che tutti questi molteplici
essenti (esistenze, sostanze) risultano in movimento. Il mutamento è movimento ma da dove
proviene il movimento? Questo movimento non lascia forse l’essenza vera e propria di quelle
molteplici, indipendenti, isolate sostanze del tutto imperturbato e non deve forse, secondo il più
rigoroso concetto di essente, risultare loro estraneo? Oppure, ciononostante, esso appartiene
alle cose stesse? Ci troviamo di fronte a una decisione importante: a seconda della strada che
prenderemo, entreremo nel territorio di Anassagora, di Empedocle o di Democrito. Deve essere
posto il serio interrogativo: se si danno molte sostanze e queste molte sostanze si muovono, che
cosa le muove? Si muovono forse reciprocamente? Le muove in un certo senso soltanto la forza
di gravità? Oppure ci sono magiche forze di attrazione e repulsione nelle cose stesse? O
l’occasione del movimento risiede forse all’esterno di queste molteplici sostanze reali? Oppure,
domandato con maggior rigore: quando due cose mostrano una successione, un comune
mutamento di posizione, ciò deriva da loro stesse? Ed è da spiegare meccanicamente o
magicamente? O se non fosse questo il caso, c’è forse un terzo elemento che le muove? Si tratta
di un problema difficile: difatti, perfino ammettendo che si diano molte sostanze, Parmenide
avrebbe però pur sempre ancora potuto dimostrare, contro Anassagora, l’impossibilità del
movimento. Egli poteva dire, infatti: prendete due nature essenti in se stesse, ognuna dotata di un
essere assolutamente peculiare, indipendente e incondizionato – di questo genere sono le
sostanze di Anassagora – che giammai possono dunque urtarsi l’un l’altra, né muoversi, né
attrarsi; fra di loro non c’è alcun rapporto di causalità, nessun ponte, esse non si sfiorano, non si
disturbano, non hanno nulla a che fare l’una con l’altra. L’urto è perciò assolutamente
inspiegabile, tanto quanto l’attrazione magica: due cose assolutamente estranee non possono
esercitare alcun tipo di effetto l’una sull’altra, dunque neppure muoversi né essere mosse. A
questo Parmenide avrebbe addirittura aggiunto: l’unica via d’uscita rimastavi è ascrivere il
movimento alle cose stesse; ma in tal caso tutto ciò che vedete e conoscete come movimento
sarebbe soltanto un’illusione e non un vero movimento, perché l’unico tipo di movimento che
potrebbe confacersi a quelle sostanze assolutamente peculiari sarebbe unicamente un movimento
spontaneo privo di qualunque effetto. Voi invece ipotizzate il movimento appunto per spiegare
gli effetti di cambiamento, spostamento nello spazio, mutamento, in breve: per spiegare i
rapporti di causalità e le relazioni delle cose tra di loro. Proprio questi effetti risulterebbero
invece non spiegati e rimarrebbero tanto problematici quanto lo erano prima; dunque non si
vede perché sarebbe necessario ipotizzare un movimento, dal momento che non produce ciò che
si desidera da esso. Il movimento non pertiene all’essenza delle cose e rimane ad esse
eternamente estraneo.