Page 63 - Nietzsche - Su verità e menzogna
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CAPITOLO XII
L’altro concetto, di contenuto maggiore rispetto a quello di essere e anch’esso scoperto da
Parmenide, sebbene da lui non ancora impiegato con la maestria del suo allievo Zenone, è
quello di infinito. Non può esistere nulla di infinito: da un’assunzione siffatta deriverebbe infatti
il concetto contraddittorio di infinità compiuta. Siccome però la nostra realtà, il mondo per noi
presente, porta impresso ovunque il carattere di quella compiuta infinità, esso rappresenta
allora, nella sua essenza, una contraddizione nei confronti della logica e perciò anche nei
confronti del reale: esso è illusione, menzogna, fantasma. Zenone si servì soprattutto del metodo
di dimostrazione indiretta; egli diceva ad esempio: «Non può esserci movimento da un luogo a
un altro, perché se ci fosse, ci sarebbe allora un’infinità compiuta: cosa che è però
un’impossibilità». Achille non può raggiungere la tartaruga che possiede un piccolo vantaggio
nella gara di corsa: difatti, per raggiungere il punto da cui parte la tartaruga, egli dovrebbe aver
già percorso un numero infinito di spazi, vale a dire prima la metà di quello spazio, poi un
quarto, poi un ottavo, poi un sedicesimo e così via in infinitum. Riuscire veramente a
raggiungere la tartaruga sarebbe un fenomeno illogico, e pertanto non sarebbe in ogni caso né
una verità, né una realtà, né un vero essere, bensì soltanto un’illusione. Non è infatti mai
possibile porre termine all’infinito. Un altro mezzo popolare per esprimere questa dottrina è
l’esempio della freccia in volo e tuttavia in quiete. In ogni attimo del suo volo la freccia ha una
posizione: in questa posizione essa riposa. Allora la somma di tutte le infinite posizioni di
quiete, sarebbe identica al movimento? La quiete, infinitamente ripetuta, sarebbe movimento,
dunque l’esatto contrario di essa? L’infinito viene usato in questo caso come acido nitrico della
realtà: al contatto con esso, questa si dissolve. Ma se i concetti sono solidi, eterni ed essenti – e
per Parmenide essere e pensiero coincidono –, se dunque l’infinito non può mai essere portato a
termine, se la quiete non può diventare movimento, allora la freccia in verità non è volata
affatto: essa non si è mai mossa dalla propria posizione e dallo stato di quiete, nessun lasso di
tempo è trascorso. O, detto altrimenti: in questa cosiddetta realtà, che tuttavia è solo presunta,
non c’è né tempo, né spazio, né movimento. In fin dei conti, la freccia stessa è un illusione: essa
appartiene infatti alla pluralità, alla fantasmagoria del non-uno prodotta dai sensi. Se
supponiamo che la freccia abbia un essere, essa allora sarebbe immobile, senza tempo,
ingenerata, fissa ed eterna – idea assurda! Se supponiamo che il movimento sia davvero reale,
non ci sarebbe allora nessuna quiete, dunque nessuna posizione per la freccia, ossia nessuno
spazio – idea assurda! Se supponiamo che il tempo sia reale, esso non potrebbe allora essere