Page 84 - Nietzsche - L'apolide dell'esistenza
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ambiente. Il mondo accademico tedesco di metà Otto-
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                   cento, per non parlare delle facoltà di filologia, dove si             aveva scritto: «Un dilettante non è ben visto, ma è con-
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                   consideravano i Greci dei contemporanei, viveva lonta-                 è un gesto inutile» . Ma ormai il dado era tratto.
                   nissimo dalla realtà.                                                    Dopo dieci giorni a Erlangen Nietzsche, con le inse-
                      L’annuncio della guerra fece un’impressione terribile               gne di “diacono da campo”, fu spedito, con un compa-
                   a Nietzsche. Definisce la guerra «il demone più spaven-                gno, il pittore Adolf Mosengel, verso il fronte. Ma, per
                   toso» e geme: «Chissà mai quali esperienze ci attendo-                 le difficoltà dei trasporti, i due, che comunque si davano
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                   no!...  Potremmo  essere  già  all’inizio  della  fine!» .  La         da fare assistendo occasionalmente qualche ferito nelle
                   prima  tentazione,  mentre  tutta  la  gioventù  prussiana             retrovie,  ci  misero  altri  dieci  giorni  per  raggiungere  la
                   correva alle armi, fu di imboscarsi. Scrive a Rohde che                zona  di  guerra,  presso  Metz.  Vi  arrivarono  proprio  il
                   in una situazione del genere «ci sarà di nuovo bisogno                 giorno,  il  2  settembre,  in  cui  i  tedeschi  catturarono  il
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                   di conventi. E noi saremo i primi fratres»  e per buona                generale Mac Mahon e nientemeno che Napoleone  e
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                   misura e prudenza si firma «il fedele svizzero» . Quindi               la guerra era già bell’e decisa. Nel frattempo Nietzsche
                   parte con la sorella per una vacanza in montagna. Que-                 più che curar feriti aveva scritto lettere a tutti quelli che
                   sto atteggiamento non piacque per nulla all’ipernaziona-               conosceva.  Non  riusciva  a  dissimulare  l’orgoglio  di  es-
                   lista  Cosima,  che  pur  aveva  a  Parigi  molti  amici.  Nei         serci, lui, lo studioso, il posapiano, mentre altri si erano
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                   suoi diari annota acidamente: «Il professor Nietzsche –                dati. Scriveva: «Aspetto tutti i miei amici sul campo»  e
                   a quanto pare – per sfuggire ai francesi e ai tedeschi se              campo era scritto in corsivo e sottolineato. Non rinunciò
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                   n’è andato a fare una gita sulle Axenstein» . Per quasi                a  rivolgere  un  vago  rimprovero  persino  al  carissimo
                   un mese bighellonò sui monti trovando anche il tempo                   amico Rohde che si trovava lontano, in Italia.
                   di  fare  una  puntata  a  Tribschen,  dai  Wagner.  Ma  alla            Una volta a Metz fece in tempo ad assistere una tra-
                   fine capì che non era decente che un giovane prussiano                 dotta militare, trasformata in ospedale viaggiante, zeppa
                   di venticinque anni se ne stesse acquattato all’Università             di feriti, che ripiegava nelle retrovie, a Karlsruhe. Il viag-
                   di Basilea con la scusa che era ormai “svizzero” e chiese              gio durò due giorni. Da Karlsruhe proseguì per Erlan-
                   al  Collegio  accademico  una  licenza  per  andare  a  com-           gen per fare rapporto. Ma quando vi giunse era in preda
                   battere. L’Università di Basilea, sempre molto compren-                a un violento attacco di dissenteria e fu messo subito a
                   siva,  gliela  concesse,  ma  per  riguardo  alla  secolare  e         letto.  Nietzsche  disse  e  scrisse  che  il  medico  gli  aveva
                   mitica neutralità svizzera pretese che il suo impiego fos-             diagnosticato anche la difterite, ma è molto improbabile
                   se limitato ai servizi sanitari. Era una foglia di fico, per-          che ne fosse affetto perché dopo una settimana era già
                   ché se Nietzsche avesse voluto battersi nessuno avrebbe                guarito. Quando anni prima a Naumburg era scoppiata
                   potuto  controllarlo  una  volta  uscito  dai  confini  della          un’epidemia di colera, e lui se l’era prudentemente filata
                   Confederazione. Lui però accettò di buon grado la limi-                nella  più  riparata  Pobles,  nella  casa  dei  nonni,  si  era
                   tazione e partì per Erlangen dove venne rapidamente e                  inventato di essersi beccato la terribile malattia per ben
                   sommariamente  addestrato  come  infermiere.  Cosima,                  due  volte.  Era  un  cacciaballe  inveterato,  per  infantili-
                   all’ultimo  momento,  aveva  cercato  di  dissuaderlo.  Ri-            smo, per farsi bello, più che per malizia.
                   pensandoci, aveva capito che uno come Nietzsche in un                    Adesso al suo capezzale, per assisterlo, doveva starci
                   teatro  di  guerra  era  più  d’impaccio  che  d’aiuto  e  gli         Mosengel,  innocuizzato.  Cosima  aveva  visto  giusto.  La




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