Page 344 - Nietzsche - L'apolide dell'esistenza
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gra, ma può anche farsi sinistra» . Per calmarlo e fargli
chiunque trattasse con lui per ultimo. Allora non mo-
fare quel che si voleva bastava però, almeno di solito, Overbeck, «si lasciava deviare subito e si arrendeva a
dargli un po’ di biscotti. strava nemmeno una traccia della riottosità messa in
Un giorno andarono a mangiare tutti e tre, Franziska, mostra a Torino. Anche con me si mostrava docile come
Nietzsche e Gast, allo Stern. C’era un pianoforte e Gast un bambino... Il suo comportamento in genere mi dava
si mise a suonare mentre Nietzsche ascoltava beato e a vedere il tratto fondamentale di una “tranquillità” che
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completamente assorbito. Volle provare anche lui e suo- giungeva alla depressione o al torpore» . L’ultima sera
nò, a detta di Gast, meravigliosamente bene, senza erro- Overbeck lo riaccompagnò al manicomio con una certa
ri, attento e concentrato, consapevole di ciò che stava apprensione, ricordando quanto l’aveva fatto penare
suonando e di come lo stava suonando. l’anno prima per metterlo sul treno. Ma Nietzsche que-
Un giorno che, verso sera, Gast lo aveva riaccompa- sta volta non fece difficoltà e si lasciò condurre docil-
gnato al manicomio, Nietzsche, prima di entrare, gli mente nel reparto. Si sarebbero rivisti solo cinque anni
disse: «Non posso ritornare lassù, in quella casa di dopo, nel 1895, ma a quell’epoca Nietzsche non era più
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matti» . Gast se ne andò da Jena con la convinzione in grado di riconoscerlo.
che la malattia consistesse semplicemente in un’accen- Intanto il 16 febbraio Franziska si era trasferita a Jena
tuazione di certi tratti, che lui definiva “umoristici”, che affittando una casa al 12 della Kollegienstrasse. Voleva
Nietzsche aveva sempre avuto e che potesse guarire. tirar fuori il suo Fritz dal manicomio e farlo vivere lì a
Partito Gast arrivò Overbeck, per tre giorni, dal 23 al Jena, con lei, sotto la supervisione dei medici curanti.
25 febbraio, e le sue impressioni furono meno ottimisti- Più tardi se lo sarebbe riportato a Naumburg. Questo il
che. Notò ovviamente che gli stati di furore erano quasi suo piano.
cessati, ma vide anche che Nietzsche era molto più ot- Non era soddisfatta della terapia di Binswanger, no-
tuso di quello, pur atroce, di Torino. Nietzsche lo salutò nostante l’evidente miglioramento. Anzi proprio i pro-
come se nulla fosse stato, come se le scene di Torino gressi del figlio, o quelli che a lei parevano tali, le ren-
non fossero mai avvenute né, in quei giorni, ne accennò devano difficile mandar giù la diagnosi infausta e senza
mai. I due fecero lunghe passeggiate andando anche speranza dei medici. Era convinta che con lei, con le sue
fuori città e fermandosi a mangiare in qualche trattoria cure e con l’aiuto di Dio, il suo Fritz sarebbe guarito.
fuori porta. Chiunque li avesse visti, osserva Overbeck, Non era nemmeno contenta del trattamento riservato
non avrebbe notato nulla di strano, li avrebbe presi per al suo “bambino”, come aveva preso a chiamarlo. L’ave-
due signori di mezz’età che chiacchieravano amabilmen- va sconvolta quello che aveva sentito dire da Gast:
te, salvo che Nietzsche quando un cane o una persona «Nell’istituto di Binswanger viene trattato come un pro-
gli comparivano davanti d’improvviso li prendeva a ba- fessore decaduto, incialtronito e ammattito in Italia.
stonate. Parlarono molto di Wagner, della persona non Anzi non come un professore, bensì come un prigionie-
della musica, di altri amici comuni e della possibilità che ro, un galeotto, un trattamento che manderebbe in
Nietzsche riprendesse il suo lavoro all’Università di malora un uomo della sensibilità di Nietzsche anche se
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Basilea. Su questo il malato, con una certa sorpresa di già non fosse malato per conto suo» . Di vero c’era che
Overbeck, insisteva molto perché pensava di essere vici- Binswanger non aveva assolutamente idea di chi avesse
no alla guarigione. «Il corso dei suoi pensieri» ricorda in cura. Ovviamente non poteva prevedere l’importanza
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