Page 348 - Nietzsche - L'apolide dell'esistenza
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sche si metteva a suonare, piano come gli aveva racco-
                   no mormorio deve avere per lui un che di tranquillizzan-
 mandato la madre, e lo faceva bene perché era sempre  quel che legge» scrive a Overbeck, «ma questo monoto-
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 stato un buon esecutore. Una volta la madre gli chiese,  te» .
 alla sera, che cosa avesse suonato e lui rispose: «L’opera  Nietzsche non vedeva l’ora di uscire dal manicomio,
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 31 di Ludwig van Beethoven in tre tempi» .  come la madre gli aveva promesso. Ormai stavano tutto
 Quando  era  in  strada  non  aveva  nessuna  voglia  di  il tempo fuori. La madre aveva trovato un altro alloggio,
 salutare le persone conosciute e se riuscivano a svicola-  più confortevole, in Ziegelmühlenweg 3, presso una cer-
 re, svoltando da un’altra parte, diceva alla madre: «An-  ta  signora  Schrön.  Nietzsche  interpretò  quel  trasloco
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 cora una volta scampato pericolo» . Per gli sconosciuti  come  se  l’uscita  dal  manicomio  fosse  già  cosa  fatta  e
 aveva invece una vera passione, li interpellava da lonta-  quando  vide  che  la  madre  la  sera  lo  riportava  verso
 no, li salutava con molta effusione e si avvicinava festoso  l’ospedale esclamò: «Mammina, ecco di nuovo quell’or-
 per stringer loro la mano, spaventandoli. Prediletti era-  ribile  palazzo,  come  hai  potuto  farmi  questo,  stavamo
 no gli uomini in divisa. Un giorno incontrarono un uf-  andando nella direzione opposta, chi è stato che mi ha
 ficiale  che  tornava  dal  poligono  di  tiro.  Nietzsche  gli  portato  là  dentro?  Non  voglio  entrare,  verrò  con  te  a
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 corse  incontro  tendendogli,  tutto  sorridente,  la  mano.  casa tua» . Ad un cenno della madre un robusto infer-
 La  madre  chiese  all’ufficiale  se  poteva  cortesemente  miere lo prese per un braccio, lo riportò dentro e lui si
 dargli la sua, cosa che quello fece, e Nietzsche si presen-  dimenticò subito dei suoi propositi bellicosi. Ma quan-
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 tò:  «Ex  artigliere,  adesso  professore  sovraffaticato» .  do Franziska ottenne finalmente l’autorizzazione di Bin-
 Ma si trattava di un’eccezione. Di solito le sue reazioni  swanger e chiese al figlio se era d’accordo a passare la
 erano da infante, soprattutto con la madre. Un giorno  notte da lei, recalcitrò: «Mi dispiace un poco, lasciami
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 Franziska gli stava pulendo gli occhiali e inavvertitamen-  andare  lassù,  ci  dormo  così  bene» .  Gli  era  venuta  la
 te fece cadere una lente. Nietzsche si mise a piangere:  paura,  frequente  in  questi  malati,  di  lasciare  un  posto
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 «Ma  mamma,  che  cosa  hai  fatto!» .  Un’altra  volta,  protetto, per quanto angoscioso, per affrontare l’ignoto.
 nonostante  le  resistenze  della  madre,  entrò  a  forza  in  Anche  la  mattina  in  cui  doveva  uscire  definitivamente
 una  panetteria  e  cominciò  a  ramazzare  un’infinità  di  dal manicomio ed entrare nella nuova casa cominciò ad
 panini di tutti i tipi, poi si infilò da una fruttivendola e  accampare un mucchio di scuse dicendo che di notte era
 razziò fichi, datteri e nocciole, mangiandosi il tutto, fe-  abituato ad avere un lume (invece vietatissimo) e che la
 lice, per strada. Di norma però era docilissimo e comun-  porta  doveva  essere  sprangata.  Ma  bastò  raccontargli
 que bastava poco per farlo ubbidire. La madre aveva un  una qualche bugia e distrarlo un po’ perché si rassegnas-
 sistema infallibile, minacciava di partire: «Allora vuol far  se. E finalmente il 24 marzo 1890, sotto dichiarazione di
 subito  la  pace  e  mi  abbraccia  lì  per  lì  in  mezzo  alla  responsabilità  della  madre,  Nietzsche  lasciò  il  manico-
 strada  e  si  attacca  tanto  più  fortemente  al  mio  brac-  mio.
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 cio» .               A Jena i due facevano una vita abbastanza tranquilla.
 Qualche volta, di pomeriggio, rimanevano a casa (alla  Contrariamente a quanto avveniva in clinica, Nietzsche
 passeggiata  mattutina  non  rinunciavano  mai)  e  lei  gli  ora  si  vestiva  e  si  spogliava  da  solo,  forse  per  pudore,
 leggeva  qualcosa  accarezzandogli  continuamente  la  perché non voleva che ad aiutarlo fosse la madre. Face-
 fronte  e  tenendogli  la  mano.  «Non  credo  che  ritenga  vano  le  solite  passeggiate,  andavano  al  ristorante,  due




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