Page 347 - Nietzsche - L'apolide dell'esistenza
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sche si metteva a suonare, piano come gli aveva racco-
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                   mandato la madre, e lo faceva bene perché era sempre                   quel che legge» scrive a Overbeck, «ma questo monoto-
                                                                                             60
                   stato un buon esecutore. Una volta la madre gli chiese,                te» .
                   alla sera, che cosa avesse suonato e lui rispose: «L’opera               Nietzsche non vedeva l’ora di uscire dal manicomio,
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                   31 di Ludwig van Beethoven in tre tempi» .                             come la madre gli aveva promesso. Ormai stavano tutto
                      Quando  era  in  strada  non  aveva  nessuna  voglia  di            il tempo fuori. La madre aveva trovato un altro alloggio,
                   salutare le persone conosciute e se riuscivano a svicola-              più confortevole, in Ziegelmühlenweg 3, presso una cer-
                   re, svoltando da un’altra parte, diceva alla madre: «An-               ta  signora  Schrön.  Nietzsche  interpretò  quel  trasloco
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                   cora una volta scampato pericolo» . Per gli sconosciuti                come  se  l’uscita  dal  manicomio  fosse  già  cosa  fatta  e
                   aveva invece una vera passione, li interpellava da lonta-              quando  vide  che  la  madre  la  sera  lo  riportava  verso
                   no, li salutava con molta effusione e si avvicinava festoso            l’ospedale esclamò: «Mammina, ecco di nuovo quell’or-
                   per stringer loro la mano, spaventandoli. Prediletti era-              ribile  palazzo,  come  hai  potuto  farmi  questo,  stavamo
                   no gli uomini in divisa. Un giorno incontrarono un uf-                 andando nella direzione opposta, chi è stato che mi ha
                   ficiale  che  tornava  dal  poligono  di  tiro.  Nietzsche  gli        portato  là  dentro?  Non  voglio  entrare,  verrò  con  te  a
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                   corse  incontro  tendendogli,  tutto  sorridente,  la  mano.           casa tua» . Ad un cenno della madre un robusto infer-
                   La  madre  chiese  all’ufficiale  se  poteva  cortesemente             miere lo prese per un braccio, lo riportò dentro e lui si
                   dargli la sua, cosa che quello fece, e Nietzsche si presen-            dimenticò subito dei suoi propositi bellicosi. Ma quan-
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                   tò:  «Ex  artigliere,  adesso  professore  sovraffaticato» .           do Franziska ottenne finalmente l’autorizzazione di Bin-
                   Ma si trattava di un’eccezione. Di solito le sue reazioni              swanger e chiese al figlio se era d’accordo a passare la
                   erano da infante, soprattutto con la madre. Un giorno                  notte da lei, recalcitrò: «Mi dispiace un poco, lasciami
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                   Franziska gli stava pulendo gli occhiali e inavvertitamen-             andare  lassù,  ci  dormo  così  bene» .  Gli  era  venuta  la
                   te fece cadere una lente. Nietzsche si mise a piangere:                paura,  frequente  in  questi  malati,  di  lasciare  un  posto
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                   «Ma  mamma,  che  cosa  hai  fatto!» .  Un’altra  volta,               protetto, per quanto angoscioso, per affrontare l’ignoto.
                   nonostante  le  resistenze  della  madre,  entrò  a  forza  in         Anche  la  mattina  in  cui  doveva  uscire  definitivamente
                   una  panetteria  e  cominciò  a  ramazzare  un’infinità  di            dal manicomio ed entrare nella nuova casa cominciò ad
                   panini di tutti i tipi, poi si infilò da una fruttivendola e           accampare un mucchio di scuse dicendo che di notte era
                   razziò fichi, datteri e nocciole, mangiandosi il tutto, fe-            abituato ad avere un lume (invece vietatissimo) e che la
                   lice, per strada. Di norma però era docilissimo e comun-               porta  doveva  essere  sprangata.  Ma  bastò  raccontargli
                   que bastava poco per farlo ubbidire. La madre aveva un                 una qualche bugia e distrarlo un po’ perché si rassegnas-
                   sistema infallibile, minacciava di partire: «Allora vuol far           se. E finalmente il 24 marzo 1890, sotto dichiarazione di
                   subito  la  pace  e  mi  abbraccia  lì  per  lì  in  mezzo  alla       responsabilità  della  madre,  Nietzsche  lasciò  il  manico-
                   strada  e  si  attacca  tanto  più  fortemente  al  mio  brac-         mio.
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                   cio» .                                                                   A Jena i due facevano una vita abbastanza tranquilla.
                      Qualche volta, di pomeriggio, rimanevano a casa (alla               Contrariamente a quanto avveniva in clinica, Nietzsche
                   passeggiata  mattutina  non  rinunciavano  mai)  e  lei  gli           ora  si  vestiva  e  si  spogliava  da  solo,  forse  per  pudore,
                   leggeva  qualcosa  accarezzandogli  continuamente  la                  perché non voleva che ad aiutarlo fosse la madre. Face-
                   fronte  e  tenendogli  la  mano.  «Non  credo  che  ritenga            vano  le  solite  passeggiate,  andavano  al  ristorante,  due




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