Page 342 - Nietzsche - L'apolide dell'esistenza
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ta ad ammettere che «bisogna guidare la sua conversa-
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                   perché era un convinto antisemita. Oltre a essersi piaz-
 zione»  altrimenti si perde subito e salta di palo in fra-  medici  che  interferissero  con  la  sua  terapia  né  ebrei
 sca. Le vicende del presente invece le rimuove oppure  zato in casa di Franziska a Naumburg, voleva che lei gli
 scantona. Ma un giorno, guardando l’imponente edificio  cedesse  la  tutela  giuridica  del  figlio  e  la  pensione  di
 del manicomio, disse improvvisamente: «Quando uscirò  Basilea.  In  seguito  avrebbero  tolto  Nietzsche  dalla  cli-
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 dal palazzo?» .   nica  e  lo  avrebbero  portato  in  un  primo  tempo  a
 In questo periodo fece irruzione nella vita di Nietz-  Naumburg  e  poi  a  Dresda,  dove  il  Langhben  abitava,
 sche  e  di  sua  madre  un  certo  dottor  Julius  Langhben.  col supporto di tre o quattro infermieri di cui, a detta di
 Era uno storico dell’arte che l’anno dopo con un libro  Langhben,  c’era  assoluto  bisogno.  Le  spese  sarebbero
 intitolato Rembrandt come educatore, chiara scimmiotta-  state  coperte  con  dei  fondi  raccolti  fra  gli  ammirato-
 tura dello Schopenhauer come educatore, avrebbe ottenu-  ri  di  Nietzsche,  e  che  lui,  Langhben,  avrebbe  gestito.
 to uno straordinario quanto effimero successo, perché si  Franziska, pur di coltivare quella speranza di guarigione
 trattava di una polpetta indigeribile. Proclamandosi fer-  che Wille e Binswanger avevano negato, era disposta a
 vente  ammiratore  di  Nietzsche  riuscì  ad  agganciare  la  concedere  tutto,  incoraggiata  anche  da  Gast  che  era
 madre e le disse che possedeva la terapia infallibile per  arrivato a Jena un po’ per andare a trovare Nietzsche e
 guarire  il  figlio.  Franziska,  che  non  voleva  sentirsi  dir  un po’ per vedere che tipo fosse questo Langhben, che
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 altro, lo invitò a casa sua, a Naumburg, per saperne di  gli parve «un uomo straordinario» . Fu proprio Nietz-
 più. Il miracoloso metodo di Langhben consisteva, più  sche a smascherare l’impostore e a metterlo in fuga. Un
 o  meno,  in  questo:  Nietzsche  si  era  ammalato  perché  pomeriggio, mentre quello gli esponeva le sue confusis-
 aveva combattuto a morte il cristianesimo pur rimanen-  sime  teorie,  gli  spaccò  davanti  al  muso  un  tavolo,  gli
 do in fondo un cristiano o, quantomeno, un mistico, se  mostrò  i  pugni  e  chiamò  in  aiuto  gli  infermieri.  Di
 lo si fosse riconciliato con la religione dei suoi padri, sia  Langhben non si sentì più parlare.
 pur,  magari,  interpretata  in  modo  innovativo,  la  schi-  Gast  si  fermò  a  Jena  quattro  settimane.  Erano  due
 zofrenia sarebbe stata composta. Bisognava quindi dia-  anni e tre mesi che non vedeva Nietzsche ed era la pri-
 logare  con  lui  su  questi  temi.  Franziska  ottenne  da  ma  volta  che  lo  incontrava  dopo  il  collasso  di  Torino.
 Binswanger che il Langhben potesse passare quattro ore  Fisicamente lo trovò in ottima forma, per nulla diverso
 al giorno, due al mattino e due al pomeriggio, col pa-  dal Nietzsche di sempre. Il malato lo abbracciò, lo baciò
 ziente passeggiando davanti al piazzale della clinica. Al  e volle stringergli più volte la mano. Tutti i giorni anda-
 primo  incontro  partecipò  anche  lei.  I  due  parlarono  a  vano  a  passeggiare  insieme  in  città  perché  Binswanger
 lungo di Venezia mentre la madre li ascoltava incantata  aveva tolto il divieto di allontanarsi dal manicomio. Gast
 perché le pareva che il “suo Fritz” non dicesse «una sola  ammirò la memoria dell’amico, anche se notò che all’in-
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 parola  fuori  posto» .  Alla  fine  della  conversazione  terno  di  un  quadro  di  ricordi  lucidissimi  inseriva  dei
 Nietzsche disse a Langhben: «Penso che lei mi rimetterà  particolari completamente inventati. Ma nemmeno que-
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 in salute» . L’esperimento andò avanti per un paio di  sto, in fondo, era diverso dal “vecchio” Nietzsche, cac-
 mesi.  Le  pretese  di  Langhben,  che  non  perdeva  occa-  ciaballe incallito. Lo colpì di più il fatto che l’amico si
 sione  per  sputare  veleno  sul  manicomio  di  Jena  e  su  impuntasse  su  cose  di  nessun  conto.  Inoltre  c’erano
 Binswanger, aumentavano: non voleva avere fra i piedi  ancora accessi di collera e «la sua risata di solito è alle-




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