Page 62 - Nietzsche - L'Anticristo, Crepuscolo degli idoli, Ecce Homo
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usa, non si sottomette a quelle - essa si conosce sovrana. - Viceversa: il bisogno di fede, di un

      qualcosa  di  non  condizionato  da  sì  e  no,  il  carlylismo,  se  mi  si  consente  un  termine,  è
      un'esigenza della debolezza. L'uomo della fede, il «credente» d'ogni tipo è necessariamente un
      uomo tributario, - uno che non sa porre se stesso come scopo, che non sa affatto porre scopi a
      partire da se stesso. Il «credente» non si appartiene, egli può solo essere mezzo, egli deve
      essere adoperato, ha bisogno di qualcuno che lo usi. Il suo istinto rende l'onore più alto ad
      una morale della autorinuncia: tutto lo induce ad essa, la sua furbizia, la sua esperienza, la sua
      vanità. Ogni tipo di fede è di per sé una espressione di autorinuncia, di autoalienazione... Se si

      considera come la grande maggioranza abbia bisogno di un regolatore che la leghi e la fissi
      dall'esterno,  e  come  la  costrizione,  in  un  senso  più  alto  la  schiavitù,  sia  la  sola  e  ultima
      condizione grazie alla quale l'uomo di volontà debole, e ancor più la donna, prosperino: ci si
      renderà  conto  di  quel  che  significa  anche  la  convinzione,  la  «fede».  L'uomo  fedele  a  una
      convinzione ha in essa la sua spina dorsale. Il non vedere tante cose, il non esser imparziale
      su alcune cose, essere uomo di parte da capo a piedi, avere un'ottica rigida e vincolata in tutti

      i valori - soltanto a queste condizioni una simile specie d'uomo può affatto esistere. Essa è per
      ciò stesso però l'opposto, l'antagonista di ciò che è verace - della verità... Il credente non è
      affatto padrone di avere una coscienza circa la questione «vero» e «non vero»: essere onesto a
      questo proposito sarebbe subito la sua fine. La patologica condizionatezza della sua ottica fa
      dell'uomo convinto un fanatico - Savonarola, Lutero, Rousseau, Robespierre, Saint-Simon, - il
      tipo opposto allo spirito forte, allo spirito liberato. Ma l'atteggiarsi maestoso di questi spiriti
      infermi,  di  questi  epilettici  del  concetto  fa  effetto  sulla  grande  massa,  -  i  fanatici  sono

      pittoreschi, l'umanità preferisce veder gesticolare, piuttosto che sentire ragioni...

      55.
         - Un passo avanti nella psicologia della convinzione, della «fede». Già da tempo è stata da
      me  posta  sul  tappeto  la  questione  se  le  convinzioni  non  siano  dei  nemici  della  verità  più

      pericolosi delle bugie (Umano, troppo umano, I, af. 483). Stavolta vorrei porre la domanda
      decisiva: tra menzogna e convinzione sussiste un'antitesi? - Tutti lo credono; ma che cosa non
      credono tutti! - Ogni singola convinzione ha la propria storia; i propri precorrimenti; i propri
      tentativi ed errori: essa diviene convinzione, dopoché per un lungo tempo non lo è stata, dopo
      esserlo stata a stento ancor più a lungo. Come? Non potrebbe, tra queste forme embrionali di
      convinzione, esserci anche la menzogna? - A volte è solo necessario uno scambio di persone:
      ciò che nel padre era ancora bugia, diviene convinzione nel figlio. - Io chiamo bugia il non
      voler vedere qualcosa che si vede, il non voler vedere qualcosa così come lo vediamo: non ha

      importanza  il  fatto  che  la  menzogna  si  verifichi  dinnanzi  o  senza  testimoni.  La  bugia  più
      comune  è  quella  con  cui  si  mente  a  se  stessi;  il  mentire  ad  altri  è  caso  relativamente
      eccezionale. - Ora, questo non voler vedere ciò che si vede, questo non voler vedere così
      come si vede è a un dipresso condizione prima per tutti quelli che in qualsiasi senso sono
      partito: l'uomo di fazione diviene di necessità bugiardo. La storiografia tedesca, ad esempio,

      è convinta che Roma fosse il dispotismo, che i Germani abbiano portato nel mondo lo spirito
      di libertà: che differenza c'è tra questa convinzione e una menzogna? Quando, di istinto, tutti i
      partiti, e anche gli storici tedeschi, si riempiono la bocca con le grandi parole della morale,
      com'è possibile stupirci, che la morale sussista ancora quasi in virtù del fatto che qualsivoglia
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