Page 64 - Nietzsche - L'Anticristo, Crepuscolo degli idoli, Ecce Homo
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seriamente, con venerazione, con amore e fiducia. Ma come si fa a mettere in mano a donne e
bambini un libro che contiene espressioni abiette di questo genere: «per via del meretricio
ciascuno si abbia la propria femmina e ciascuna il suo proprio maschio... è meglio sposare
che soffrire la lascivia»? E si può esser cristiani fintantoché la nascita dell'uomo è
cristianizzata, vale a dire sporcata con l'idea della immaculata conceptio?... Non conosco un
libro in cui vengono dette sulle donne tante cose tenere e miti come nel codice di Manu; quei
vecchi canuti e quei santi hanno una maniera forse insuperata d'essere gentili verso le donne.
«La bocca di una donna - vi si dice a un certo punto - il seno di una fanciulla, la preghiera di
un bambino, il fumo del sacrificio sono sempre puri.» Altrove: «Non vi è nulla di più puro che
la luce del sole, l'ombra di una vacca, l'aria, l'acqua, il fuoco e l'alito di una fanciulla». Un
ultimo brano - anch'esso forse una santa menzogna: - «tutti gli orifizi del corpo al disopra
dell'ombelico sono puri, tutti quelli al disotto sono impuri. Solo nella fanciulla l'intero corpo è
puro».
57.
Cogliamo l'empietà dei mezzi cristiani in flagranti, commisurando il fine cristiano allo
scopo del codice di Manu - portando alla luce questo grandissimo contrasto di scopi. Il critico
del cristianesimo non si può esimere dal rendere spregevole quest'ultimo. - Un codice del
genere di quello di Manu nasce come ogni buon codice: ricapitola, cioè, l'esperienza, la
saggezza, la morale sperimentale di lunghi secoli, esso conclude, non crea più nulla. La
premessa per una codificazione di questo genere è l'intuizione che i mezzi per procurare
autorità ad una verità conquistata lentamente e a caro prezzo sono sostanzialmente diversi da
quelli con i quali se ne darebbe dimostrazione. - Un codice non racconta mai l'utilità, i motivi,
la casistica nella preistoria di una legge: ciò andrebbe a scapito appunto del tono imperativo
di essa, del «tu devi», del presupposto per cui si obbedisce. Esattamente qui sta il problema. -
Ad un certo momento nella evoluzione d'un popolo, lo strato più avveduto di esso, cioè quello
che guarda più indietro e più lontano, dichiara chiusa l'esperienza secondo la quale si deve -
vale a dire si può vivere. La sua meta è riportare dai tempi del cimento e della brutta
esperienza il raccolto più ricco e completo possibile. Ciò che di conseguenza va innanzi tutto
scongiurato è l'è sperimentare ancora oltre, il protrarsi dello stato fluido dei valori, il
saggiare, scegliere, criticare valori in infinitum. A ciò viene opposto un doppio muro: intanto
la rivelazione, cioè l'affermazione che la ragione di quelle leggi non sarebbe di provenienza
umana, non sarebbe stata cercata e trovata lentamente e in mezzo a errori, sibbene che essa,
essendo di origine divina, sarebbe intera, compiuta, senza storia, un dono, un prodigio,
semplicemente trasmessa. Poi la tradizione, cioè l'affermazione che la legge sarebbe esistita
già da tempi antichissimi, che revocarla in dubbio sarebbe contrario alla devozione religiosa,
un delitto contro i progenitori. L'autorità della legge ha la sua base nelle tesi: è stato Dio a
darla, sono stati gli antenati a viverla. - La superiore logica di un simile procedimento risiede
nell'intenzione di reprimere, passo su passo, la coscienza della vita che si è riconosciuta
giusta (vale a dire dimostrata mediante un'esperienza enorme e finemente vagliata): in modo
da raggiungere il completo automatismo dell'istinto - premessa, questa, per ogni genere di
maestria, per ogni sorta di perfettibilità nell'arte di vivere. Fissare un codice alla maniera di
Manu vuol dire consentire da quel momento ad un popolo di divenire maestro, di divenire