Page 60 - Nietzsche - L'Anticristo, Crepuscolo degli idoli, Ecce Homo
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è idiota, pronuncia una maledizione contro lo «spirito», contro la superbia dello spirito sano.
Poiché la malattia fa parte dell'essenza del cristianesimo, anche il tipico stato d'animo
cristiano, «la fede» deve essere una forma di malattia, tutte le vie diritte, leali, scientifiche
alla conoscenza devono venir rifiutate dalla Chiesa come vie proibite. Già il dubbio è
peccato... La completa mancanza di limpidezza psicologica nel prete - tradita dallo sguardo - è
una manifestazione conseguente alla décadence - se si osservano le donne isteriche, o anche,
per altro aspetto, bambini di costituzione rachitica, si potrà notare con quanta regolarità la
falsità istintiva, il gusto di mentire per mentire, l'incapacità di uno sguardo e di un passo
diritto siano espressione di décadence. «Fede» vuol dire non voler sapere ciò che è vero. Il
pietista, il prete di ambo i sessi, è falso perché è malato: il suo istinto esige che la verità non
si affermi in alcun punto. «Ciò che è malato è buono; ciò che deriva dalla pienezza,
dall'esuberanza, dalla potenza, è cattivo: così sente il credente. La soggezione alla menzogna
- da questa io riconosco il teologo predestinato. Altro contrassegno del teologo è la sua
incapacità in ordine alla filologia. Per filologia qui, in un senso assai generale, si deve
intendere l'arte di leggere bene - di saper cogliere i fatti, senza falsarli con l'interpretazione,
senza perdere, nell'ansia di capire, la prudenza, la pazienza, la finezza. Filologia come
ephexis nell'interpretazione: che si tratti, poi, di libri, di notizie di giornale, di destini o di
avvenimenti meteorologici, - per non parlare della «salute dell'anima»... La maniera in cui un
teologo, non importa se a Berlino o a Roma, interpreta una «parola della Scrittura» o
un'esperienza vissuta, per esempio una vittoria del patrio esercito, sotto la superiore
illuminazione dei salmi di Davide, è sempre talmente temeraria, che un filologo ci perde la
testa. E che cosa dovrebbe fare poi quando dei pietisti e altre vacche di Svevia sistemano con
il «dito d'Iddio» la misera monotonia e la fumosa stanzuccia della propria esistenza come un
miracolo di «grazia», di «provvidenza», di «esperienze evangeliche»! La più modesta
dissipazione di spirito, per non dire di decenza, dovrebbe pur portare questi esegeti a
convincersi della assoluta puerilità e indegnità di un simile abuso della divina destrezza di
mano. Anche con una particella esigua nel sangue di devozione religiosa un Dio che ci cura a
tempo debito dal raffreddore o che ci ordina di salire in carrozza proprio nell'attimo in cui si
scatena un acquazzone, dovrebbe risultare così assurdo che, quand'anche esistesse, lo si
dovrebbe eliminare. Un Dio come servitore, come postino, come lunarista - in sostanza una
parola sola per la più stupida specie di caso fortuito... La «divina provvidenza», quale ancor
oggi se la immagina all'incirca una persona su tre nella «colta Germania», sarebbe una tale
obiezione contro Dio che non se ne potrebbe immaginare una più forte. E in ogni caso è
un'obiezione contro i Tedeschi!...
53.
- Che dei martiri siano una prova a favore della verità di una cosa è così poco vero che io
negherei che un martire abbia mai avuto qualcosa a che fare con la verità. Già nel tono col
quale un martire getta in faccia al mondo la sua presunzione di verità, si esprime un così
scarso grado di rettitudine intellettuale, una tale ottusità per la questione della verità, che non
si ha mai bisogno di confutare un martire. La verità non è cosa che uno ha e un altro non ha: a
proposito della verità possono pensarla così tutt'al più dei contadini o degli apostoli-contadini
alla maniera di Lutero. Si può stare certi che, a seconda del grado di coscienziosità nelle cose