Page 47 - Nietzsche - L'Anticristo, Crepuscolo degli idoli, Ecce Homo
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crisi non esistono affatto per il maestro della «buona novella»... Il «regno di Dio» non è
qualcosa che uno si aspetti; non ha un ieri e un dopodomani, non giunge tra «mille anni» - è
un'esperienza di un'anima; esiste in tutti e in nessun luogo...
35.
Questo «lieto nunzio» morì come visse, come aveva insegnato - non perv«redimere gli
uomini», ma per dimostrare come s'ha da vivere. È la pratica del vivere che egli lasciò in
retaggio all'umanità: il suo contegno dinanzi ai giudici, dinanzi alla soldataglia, agli accusatori
e ad ogni sorta di calunnia e di derisione, - il suo contegno sulla croce. Non resiste, non
difende il suo diritto, non fa un passo per allontanare da sé il peggio, anzi, lo provoca... E
prega, soffre, ama con coloro, in coloro che gli fanno del male... Le parole rivolte al ladrone
sulla croce racchiudono l'intero Vangelo. «Questi è stato in verità un uomo divino, un "figlio
di Dio!"», dice il ladrone. «Se tu senti questo» - risponde il redentore - «allora sei in
paradiso, allora sei anche tu un figlio di Dio...» Non difendersi, non andare in collera, non
attribuire responsabilità... Anzi non resistere nemmeno al malvagio - amare anche lui...
36.
- Solo noi, noi spiriti liberati, possediamo il presupposto per intendere qualcosa che
diciannove secoli hanno frainteso - questa rettitudine divenuta istinto e passione, che alla
«menzogna sacra» ancor più che a qualsiasi altra fa la guerra... Si è stati indicibilmente
distanti dalla nostra amorevole e prudente neutralità, da quella educazione dello spirito con la
quale sola diventa possibile cogliere così strane, così delicate cose: in ogni tempo si volle,
con spudorato egoismo, solo il proprio tornaconto, la Chiesa è stata edificata sulla negazione
del Vangelo...
Chi andasse in cerca di indizi del fatto che dietro il grande gioco dei mondi, muove le dita
un'ironica divinità, troverebbe un non piccolo appiglio nel gigantesco punto interrogativo che
ha nome cristianesimo. Che l'umanità sia inginocchiata davanti all'antitesi di ciò che era
l'origine, il senso, la giustezza del Vangelo, che nell'idea di «Chiesa» essa abbia santificato
proprio ciò che il «buon nunzio» sentiva sotto di sé, dietro di sé - invano si cerca una forma
più grande di ironia storico-mondiale. -
37.
- La nostra epoca è fiera del proprio senso storico: come ha potuto prestar fede all'assurdità
che al principio del cristianesimo stia la grossolana fola di un taumaturgo e redentore, - e
che tutto quanto è spirituale e simbolico sia solo uno sviluppo posteriore? Viceversa: la storia
del cristianesimo - e cioè dalla crocefissione in poi - è la storia del fraintendimento
gradualmente sempre più rozzo di un originario simbolismo. Con l'estendersi del
cristianesimo a masse ancor più vaste, ancor più primitive, a cui sempre più sfuggivano le
premesse dalle quali il cristianesimo è nato, crebbe la necessità di volgarizzarlo e di
imbarbarirlo - esso ha ingollato dottrine e riti di tutti i culti sotterranei dello imperium
romanum, l'assurdità di ogni specie di ragione malata. Il destino del cristianesimo consiste
nella necessità che la stessa sua fede dovesse farsi così malata, così bassa e volgare, quanto
malati, bassi e volgari erano i bisogni che dovevano con essa venir soddisfatti. Sotto forma di