Page 42 - Nietzsche - L'Anticristo, Crepuscolo degli idoli, Ecce Homo
P. 42
conclusione da far paura, separato da sé come «profano», come «mondo», come «peccato»
tutto ciò che altrimenti ancora esisteva in fatto di potenza sulla faccia della terra - questo
popolo produsse per il proprio istinto un'ultima formula, logica fino all'abnegazione: sotto
l'aspetto di cristianesimo esso annientò anche l'ultima forma di realtà, il «popolo santo», il
«popolo degli eletti», la stessa realtà ebraica. Il caso è di prim'ordine: il piccolo movimento
insurrezionale, che viene battezzato col nome di Gesù di Nazareth, è ancora una volta l'istinto
ebraico, - vale a dire, l'istinto del prete che non sopporta più il prete come realtà, l'invenzione
di una forma ancor più astratta di esistenza, di una visione del mondo ancor più irreale di
quanto imponga l'organizzazione di una Chiesa. Il cristianesimo nega la Chiesa...
Se quella non fu l'insurrezione contro la Chiesa ebraica - «Chiesa» presa proprio nel senso
in cui noi oggi prendiamo questa parola, io non vedo contro che cosa fu diretta la rivolta,
come istigatore della quale è stato inteso ovvero malinteso Gesù. Fu un'insurrezione contro «i
buoni e giusti», contro «i santi di Israele», contro la gerarchia della società - non contro la sua
corruzione, ma contro la casta, il privilegio, l'ordine, la formula; fu l'incredulità negli «uomini
superiori», il no pronunciato contro tutto ciò che era pretesco e teologico. Ma la gerarchia che
in tal guisa, anche se per un solo istante, veniva posta in discussione, era la palafitta sulla
quale ancora sussisteva, nel mezzo delle «acque», il popolo ebraico - l'ultima possibilità
faticosamente conquistata di durare, il residuum della sua singolare esistenza politica:
attaccare questa fu come attaccare il più profondo istinto di un popolo, la più tenace volontà
popolare di vivere mai esistita sulla faccia della terra. Questo santo anarchico che riscosse il
popolino, i reietti e «peccatori», i Ciandala dell'ebraismo alla contestazione dell'ordine
dominante - con un linguaggio, se si deve prestar fede ai Vangeli, che ancor oggi condurrebbe
in Siberia, era un delinquente politico, appunto nella misura in cui delitti politici erano
possibili in una comunità assurdamente apolitica. Questo lo portò alla croce: ne è prova
l'iscrizione sulla croce. Egli morì per sua colpa - sebbene spesso sia stato sostenuto, è
completamente infondato dire che egli sia morto per colpa d'altri. -
28.
Una questione completamente diversa è se egli fosse cosciente di una simile opposizione, -
o se di lui non sia stata percepita che questa opposizione. E qui per la prima volta tocco il
problema della psicologia del redentore. - Confesso che di pochi libri mi è così difficoltosa
la lettura come quella dei Vangeli. Queste difficoltà sono ben diverse da quelle alla prova
delle quali la dotta curiosità dello spirito germanico ha celebrato uno dei suoi trionfi più
indimenticabili. È remoto il tempo in cui anch'io, al pari d'ogni giovane erudito, assaporavo
con la sapiente lentezza d'un filologo raffinato l'opera dell'incomparabile Strauss. Avevo
allora vent'anni: adesso sono troppo serio per queste cose. Che mi importa delle
contraddizioni della «tradizione»? Ma come si fa, poi, a chiamare «tradizione» delle leggende
di santi! Le storie di santi sono la letteratura più ambigua che ci sia: applicare ad esse il
metodo scientifico, quando non esistano altri documenti, mi pare senza speranza in partenza -
una pura oziosità da eruditi...
29.
Ciò che a me importa è il tipo psicologico del redentore. Esso potrebbe pure essere