Page 38 - Nietzsche - L'Anticristo, Crepuscolo degli idoli, Ecce Homo
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interpretazione per confessare a se stesso che soffre (il suo istinto lo indirizza piuttosto verso

      la  negazione  della  sofferenza,  verso  una  muta  sopportazione).  In  questo  caso  la  parola
      «diavolo»  fu  un  bene:  esisteva  un  nemico  strapotente  e  terribile,  -  non  c'era  bisogno  di
      vergognarci di patire per un siffatto avversario.
         Il cristianesimo ha, nel fondo, alcune finezze che appartengono all'Oriente. Innanzitutto sa
      che  è  in  sé  del  tutto  irrilevante  che  una  cosa  sia  vera,  sa  invece  che  è  della  massima
      importanza in che misura essa sia creduta vera. La verità e la fede nella verità di qualche
      cosa: due sfere d'interesse del tutto estranee l'una all'altra, sfere quasi antitetiche - all'una e

      all'altra  si  giunge  per  vie  fondamentalmente  diverse.  Esser  sapienti  a  questo  riguardo  -  in
      Oriente sta quasi in ciò la saggezza: così è per i brahmani, per Platone, per ogni iniziato alla
      sapienza esoterica. Se, per esempio, vi è della felicità nel credersi redenti dal peccato, non è
      necessario che come premessa di ciò l'uomo sia in peccato, ma che si senta peccatore. Ma se
      in generale è richiesta principalmente la fede, allora si deve gettare il discredito sulla ragione,
      sulla conoscenza, sulla ricerca: la via della verità si muta nella strada proibita. - Una robusta

      speranza  è  uno  stimolante  alla  vita  molto  più  grande  di  qualsiasi  determinata  felicità
      realmente  sopravveniente.  Chi  soffre  va  sostenuto  con  una  speranza  che  non  possa  venir
      contraddetta  da  alcuna  realtà,  -  che  non  venga  estinta  da  un  adempimento:  una  speranza
      oltremondana. (Proprio a cagione di questa capacità di tener calmo lo sventurato, la speranza
      era ritenuta, presso i Greci, il male dei mali, il male veramente perfido: esso era in fondo al
      vaso del male.) - Affinché l'amore sia possibile, Dio deve essere persona; affinché gli istinti
      più bassi possano aver voce in capitolo, Dio deve esser giovane. Per l'ardore delle femmine

      s'ha da mettere in mostra un bel santo, per quello dei maschi una Maria. Il tutto in base alla
      premessa  che  il  cristianesimo  vuole  affermarsi  su  un  terreno  sul  quale  i  culti  afroditici  o
      adonici  hanno  già  determinato  il  concetto  di  culto.  L'esigenza  della  castità  rafforza  la
      veemenza e l'interiorità dell'istinto religioso - essa rende il culto più caldo, più fanatico, più
      appassionato. - L'amore è quella condizione in cui il più delle volte l'essere umano vede le

      cose come non sono. La forza dell'illusione è qui al suo apice, così pure la potenza molcente,
      quella che trasfigura. Nell'amore si sopporta più dell'ordinario, si tollera tutto. Si trattava di
      inventare una religione in cui si potesse amare: in tal modo uno si butta alle spalle il peggio
      della vita - non lo vede più per niente. - E questo è quanto riguarda le tre virtù cristiane, fede,
      carità,  speranza:  io  le  chiamo  le  tre  accortezze  cristiane.  -  Il  buddhismo  è  troppo  tardivo,
      troppo positivista per essere ancora avveduto a questo modo.

      24.

         Io sfioro qui soltanto il problema dell' origine del cristianesimo. La prima tesi per la sua
      soluzione suona così: il cristianesimo è da intendere esclusivamente a partire dal terreno sul
      quale  è  cresciuto  -  esso  non  è  un  movimento  avverso  all'istinto  ebraico,  è  la  sua  stessa
      conseguenza, una conclusione ulteriore nell'agghiacciante logica di quello. Per dirlo con la
      formula del Redentore: «la salvezza viene dagli Ebrei». - La seconda proposizione dice: il

      tipo  psicologico  del  Galileo  è  ancora  riconoscibile;  soltanto  tuttavia  nella  sua  completa
      degenerazione (che è ad un tempo mutilazione e sovrapposizione di tratti estranei -) esso ha
      potuto servire all'uso che se ne è fatto, al tipo cioè, di un redentore dell'umanità. - Gli Ebrei
      sono  il  popolo  più  considerevole  della  storia  mondiale  perché  essi,  posti  davanti  alla
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