Page 36 - Nietzsche - L'Anticristo, Crepuscolo degli idoli, Ecce Homo
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affine, per numero di seguaci addirittura prevalente: il buddhismo. Entrambe, in quanto
religioni nichiliste, vanno messe insieme - sono religioni della décadence, - entrambe sono
distinte l'una dall'altra nel più singolare dei modi. Il critico del cristianesimo è profondamente
grato agli eruditi indiani del fatto che ora sia possibile confrontarle tra loro. - Il buddhismo è
cento volte più realistico del cristianesimo - incarna il retaggio del porre-problemi
freddamente e obiettivamente, viene dopo un movimento filosofico della durata di centinaia di
anni; il concetto di «Dio», al suo primo apparire, è già quasi spazzato via. Il buddhismo è
l'unica religione veramente positivista che la storia ci offra; già nella sua teoria della
conoscenza (un rigoroso fenomenalismo -), esso non dice più «lotta contro il peccato», bensì,
dando pienamente ragione alla realtà, «lotta contro il dolore». Esso si è già lasciata alle spalle
- ciò lo distingue profondamente dal cristianesimo - l'autoimpostura dei concetti morali, - esso
si pone, per dirla con le mie parole, al di là del bene e del male. - I due dati di fatto
fisiologici sui quali si fonda e che fa oggetto di osservazione, sono: primo, una estrema
eccitabilità dei sensi che si esprime sotto forma di raffinata capacità di soffrire, secondo, una
ipersensibilità, un vivere fin troppo a lungo in concetti e procedure logiche, al di sotto del
quale l'istinto personale ha sofferto a vantaggio dell'«impersonale» (- due situazioni che
almeno alcuni tra i miei lettori, gli «obiettivi», conosceranno, come me, per esperienza). Si è
instaurata una depressione a causa di questi condizionamenti fisiologici: il Buddha la affronta
igienicamente. Per debellarla pratica la vita all'aperto, la vita errabonda; la moderazione e la
scelta nell'alimentazione; la cautela con tutti gli alcolici; la prudenza, in pari tempo, verso tutti
gli affetti che producono bile, che riscaldano il sangue; nessuna preoccupazione né per sé, né
per gli altri. Egli richiede immagini acquietanti o rasserenanti - inventa mezzi per disabituarsi
alle altre. Per lui la bontà, l'esser buoni apportano salute. La preghiera, così come l'ascesi,
sono bandite; nessun imperativo categorico, nessuna costrizione in genere, neppure all'interno
della comunità conventuale (- se ne può sempre uscire -). Tutti questi sarebbero mezzi per
intensificare quella estrema eccitabilità. Proprio per questo egli non esige nemmeno la lotta ai
dissidenti; a nient'altro il suo insegnamento si oppone maggiormente che al sentimento della
vendetta, dell'avversione, del ressentiment (- «non con l'ostilità ha termine l'ostilità»: è il
commovente ritornello di tutto il buddhismo...). E questo a ragion veduta: proprio quegli
affetti, in rapporto all'intento principale dietetico, sarebbero del tutto insalubri. Lo sfinimento
intellettuale di cui egli è testimone, e che si esprime in una fin troppo grande «obiettività»
(indebolimento cioè dell'interesse per l'individuo, perdita del peso maggiore, dell'«egoismo»)
egli lo combatte riportando rigorosamente alla persona anche gli interessi più intellettuali.
Nella dottrina di Buddha l'egoismo diviene un dovere: la regola «una sola cosa necessaria»,
«come liberarti dal dolore» disciplina e circoscrive l'intera dieta spirituale (- possiamo forse
ricordare quell'Ateniese, il quale mosse guerra alla pura «scientificità», Socrate, che anche
nel regno dei problemi innalzò a morale l'egoismo della persona).
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Un clima molto mite, una grande dolcezza e liberalità nei costumi, l'assenza di militarismo
sono i presupposti del buddhismo; nonché la circostanza che le classi in cui il movimento ha il
suo focolare sono quelle superiori e persino colte. Si tende alla serenità, alla placidità,
all'assenza di desideri quale meta suprema, e si attinge questa meta. Il buddhismo non è una