Page 39 - Nietzsche - L'Anticristo, Crepuscolo degli idoli, Ecce Homo
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questione se essere o non essere, hanno scelto, con una consapevolezza assolutamente sinistra,

      l'essere ad ogni costo: questo costo fu falsificazione di ogni natura, di ogni naturalezza, di
      ogni realtà, dell'intero mondo interiore non meno che dell'esteriore. Essi si trincerano contro
      tutte  le  condizioni  alle  quali,  fino  a  quel  momento,  ad  un  popolo  era  possibile  vivere,  era
      consentito  vivere:  crearono,  estraendola  da  se  stessi,  un'antitesi  concettuale  alle  condizioni
      naturali, - in maniera irreversibile essi hanno, nell'ordine, rovesciato la religione, il culto, la
      morale, la storia, la psicologia nella contraddizione ai loro valori naturali. Un'altra volta ci
      imbattiamo nello stesso fenomeno, e in proporzioni indicibilmente ingrandite, anche se solo

      come  copia:  in  confronto  al  «popolo  dei  santi»,  la  Chiesa  cristiana  depone  ogni  pretesa
      d'originalità. Appunto perciò gli Ebrei sono il popolo più segnato dal destino nella storia del
      mondo: nella loro influenza postuma essi hanno reso falsa l'umanità in misura tale che ancor
      oggi  il  cristiano  può  aver  sentimenti  antiebraici  senza  vedere  se  stesso  come  l'ultima
      risultante dell'ebraismo.
         Nella mia Genealogia della morale ho per la prima volta presentato in maniera psicologica

      l'antitesi concettuale di una morale aristocratica e di una morale del ressentiment, la seconda
      delle  quali  scaturisce  dal  no  alla  prima:  ebbene,  questa  è  in  tutto  e  per  tutto  la  morale
      giudaico-cristiana. Per poter dire no a tutto ciò che su questa terra rappresenta il movimento
      ascendente della vita, l'essere ben riuscito, la potenza, la bellezza, l'autoaffermazione sulla
      terra,  l'istinto  del  ressentiment,  fattosi  genio,  dovette  inventare  un  altro  mondo  dal  quale
      quell'assenso  alla  vita  apparisse  come  il  male,  come  il  riprovevole  in  sé.  Esaminato
      psicologicamente, il popolo ebreo è popolo dalla tenacissima forza vitale che, ove si venga a

      trovare  in  una  situazione  impossibile,  volontariamente,  con  la  profondissima  saggezza
      dell'autoconservazione, si schiera a favore di tutti gli istinti della décadence, - non in quanto
      da  essi  dominato,  ma  intuendo  in  essi  un  potere  con  il  quale  ci  si  può  imporre  contro  «il
      mondo». Gli Ebrei sono il contrario di ogni décadent: hanno dovuto recitarne la parte fino
      all'illusione di esserlo, con un non plus ultra del loro genio di attori, hanno saputo porsi alla

      testa di tutti i movimenti di décadence (- così il cristianesimo di Paolo -), per farne qualcosa
      che è più forte di qualsiasi partito assertore della vita. La décadence è, per il tipo d'uomo che
      nel giudaismo e nel cristianesimo tende alla potenza, tipo sacerdotale, solo un mezzo: questa
      specie d'uomini ha un interesse vitale nel rendere malato il genere umano e nel capovolgere in
      un  significato  esiziale  per  la  vita  e  denigratorio  per  il  mondo  i  concetti  di  «buono»  e
      «cattivo», di «vero» e «falso».

      25.

         Quale  storia  tipica  di  ogni  snaturamento  dei  valori  di  natura,  la  storia  d'Israele  è
      impagabile: mi riferirò a cinque fatti di essa. In origine, soprattutto al tempo della monarchia,
      anche Israele stava con tutte le cose nel giusto rapporto, vale a dire in quello naturale. Il suo
      Javeh era l'espressione della coscienza di potere, del piacere di sé, della speranza in se stessi:
      da lui si aspettava vittoria e salvezza, con lui ci si affidava alla natura, che elargisse ciò di cui

      il popolo abbisogna, - innanzi tutto la pioggia. Javeh è il Dio d'Israele e per conseguenza il
      Dio della giustizia: tale è la logica di ogni popolo che ha potenza e ne ha una buona coscienza.
      Nel culto festivo si esprime questo duplice aspetto dell'autoaffermazione di un popolo: esso è
      grato  per  i  grandi  destini  grazie  ai  quali  emerse,  esso  è  grato  in  rapporto  al  volgersi
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