Page 43 - Nietzsche - L'Anticristo, Crepuscolo degli idoli, Ecce Homo
P. 43
contenuto nei Vangeli a dispetto dei Vangeli, quantunque mutilato o sovraccaricato di tratti
estranei: allo stesso modo in cui quello di Francesco d'Assisi è conservato nelle sue leggende
nonostante le sue leggende. Non la verità a proposito di ciò che ha fatto, ha detto, di come
esattamente è morto: bensì la questione se il suo tipo sia ancora affatto immaginabile, se sia
«tramandato»? - I tentativi che conosco di leggere tra le righe dei Vangeli addirittura la storia
di un'«anima» mi sembrano prove di una riprovevole faciloneria psicologica. Il signor Renan,
questo Pulcinella in psychologicis, ha tirato in ballo, per la sua spiegazione del tipo Gesù, i
due concetti meno pertinenti che si possano dare al riguardo: il concetto di genio e il concetto
di eroe («héros»). Ma se c'è qualcosa di poco evangelico, questo è il concetto di eroe.
Esattamente il contrario di ogni lotta, d'ogni sentirsi-in-battaglia è qui divenuto istinto: qui
diventa morale l'incapacità di opporre resistenza («non opporti al male» è la parola più
profonda dei Vangeli, in un certo senso la loro chiave), la beatitudine nella pace, nella
dolcezza, nel non poter-essere-ostili. Che vuol dire «buona novella»? La vita vera, la vita
eterna è trovata - non viene promessa, è qui, è in voi: come vita nell'amore, nell'amore senza
sottrazioni o esclusioni, senza distacco. Chiunque è figlio di Dio - Gesù non pretende
assolutamente nulla per sé solo - come figlio di Dio, ognuno è uguale all'altro... Fare di Gesù
un eroe! - E che razza di equivoco è poi la parola «genio»! L'intero nostro concetto, l'idea di
«spirito» nella nostra cultura non ha, nel mondo in cui Gesù vive, alcun senso. Parlando con il
rigore del fisiologo qui tutt'al più sarebbe appropriata un'altra parola, la parola: idiota. Noi
conosciamo uno stato di eccitabilità morbosa del senso del tatto, che rabbrividisce e arresta
davanti a qualsiasi contatto, allo stringere oggetti solidi. Il lettore porti un tale habitus
fisiologico alla sua logica estrema - come odio istintivo contro qualsiasi realtà, come fuga
nell'«inafferrabile», nell'«inconcepibile», come riluttanza ad ogni formula, ad ogni nozione di
tempo e di spazio, contro tutto quanto sia fisso, costume, istituzione, chiesa, come esser-di-
casa in un mondo che nessuna specie di realtà può più sfiorare, in un mondo ormai solo
«interiore», un «vero» mondo, un mondo «eterno»... «Il regno di Dio è in voi»...
30.
L'odio istintivo per la realtà: conseguenza di una esasperata capacità di sofferenza ed
eccitabilità, la quale non desidera più assolutamente essere «toccata», avvertendo troppo
profondamente ogni contatto.
L'esclusione istintiva di ogni avversione, di ogni inimicizia, d'ogni limite e distanza nel
sentire: conseguenza di una esasperata capacità di sofferenza ed eccitabilità, la quale avverte
già subito come malessere intollerabile (cioè come dannoso, come sconsigliato dall'istinto di
conservazione) ogni contrastare, ogni dover- contrastare, e conosce la beatitudine (il diletto)
solo nel non opporre più resistenza, più a nessuno, né al male, né alla malvagità, - l'amore
come unica, come ultima possibilità di vita...
Questi sono i due fatti fisiologici, sui quali, dai quali è cresciuta la dottrina della
redenzione. Io la chiamo una sublime evoluzione dell'edonismo su base del tutto patologica. Il
parente più prossimo di essa, se pure con una grossa aggiunta di greca vitalità e forza nervosa,
rimane l'epicureismo, la dottrina di redenzione del paganesimo. Epicuro, tipico décadent: da
me per la prima volta riconosciuto tale. - La paura del dolore, anche dell'infinitamente piccolo
tra i dolori - non può assolutamente culminare altro che in una religione dell'amore...