Page 44 - Nietzsche - L'Anticristo, Crepuscolo degli idoli, Ecce Homo
P. 44
31.
Ho dato in anticipo la mia risposta al problema. Presupposto di essa è che il tipo del
redentore non ci è conservato se non in una forma fortemente travisata. Questo travisamento è
in sé e per sé molto verosimile: per tante ragioni un tipo del genere non poteva rimanere però
integro, scevro di aggiunte. Tanto il milieu nel quale questa strana figura si mosse deve aver
lasciato tracce su di lui, quanto, e ancor più, la storia, il destino della prima comunità
cristiana: di tutto questo il tipo venne, retroattivamente, ad arricchirsi con tratti che risultano
comprensibili solo in conseguenza della guerra e per scopi di propaganda. Quello strano
mondo malato in cui ci fanno entrare i Vangeli - quasi un mondo da romanzo russo, in cui
sembrano darsi convegno feccia della società, disturbi nervosi e idiozia «infantile» - deve in
ogni caso aver reso grossolano il tipo: specialmente i primi discepoli tradussero prima nella
propria rozzezza questo essere completamente immerso in simboli e nella inafferrabilità per
cominciare a capirne qualcosa, - per loro il tipo poteva darsi solo dopo un suo inserimento in
forme più note... Il profeta, il Messia, il giudice a venire, il maestro di morale, il taumaturgo,
Giovanni Battista - altrettante occasioni per fraintendere il tipo... Infine non sottovalutiamo il
proprium d'ogni grande venerazione, dichiaratamente settaria: essa cancella nell'essere
venerato i tratti e le idiosincrasie originali, spesso penosamente strane - addirittura non le
vede. Bisognerebbe rimpiangere che nelle vicinanze di questo interessantissimo décadent non
abbia vissuto un Dostoevskij, voglio dire qualcuno che sapesse percepire proprio
l'affascinante attrattiva di una simile mistura di sublime, malattia e infantilismo. Un'ultima
osservazione: in quanto tipo di décadence, questo tipo potrebbe essere stato davvero di una
poliedricità e contraddittorietà particolare: una possibilità del genere non è da escludere
completamente. Ciò malgrado tutto fa pensare il contrario: in quel caso proprio la tradizione
dovrebbe essere stranamente fedele e obiettiva: abbiamo tuttavia ragione per pensare il
contrario. Frattanto c'è una contraddizione patente tra il predicatore della montagna, del lago e
dei prati, la cui apparizione fa l'effetto di un Buddha su un terreno tutt'altro che indiano, e quel
fanatico dell'attacco, nemico mortale dei preti e dei teologi, che la malizia di Renan ha
magnificato come «le grand maître en ironie». Per quanto mi riguarda, non dubito che solo
dallo stato di eccitazione della propaganda cristiana possa essersi riversata sul tipo del
maestro l'abbondante quantità di bile (e perfino di esprit): conosciamo a sufficienza la
mancanza di scrupoli di tutti i settari nell'apprestarsi la propria apologia a partire dal proprio
maestro. Quando la prima comunità ebbe bisogno, contro i teologi, di un teologo che
giudicasse, che litigasse, che imperversasse, malignamente cavilloso, si creò il proprio «Dio»
secondo la propria necessità: allo stesso modo gli mise in bocca senza esitazione anche quei
concetti del tutto anti-evangelici come «avvento», «giudizio universale» e ogni sorta di
aspettative e di promesse temporali, dei quali ora non poteva fare a meno. -
32.
Io mi oppongo, lo torno a dire, a che si inserisca il fanatico nel tipo del redentore: il
vocabolo impérieux, che Renan usa, annulla già da solo il tipo. La «buona novella» è appunto
che non ci sono più antitesi; il regno dei cieli appartiene ai fanciulli; la fede che qui si fa
sentire non è una fede conquistata, - esiste, è dall'inizio, è per così dire una fanciullezza