Page 45 - Nietzsche - L'Anticristo, Crepuscolo degli idoli, Ecce Homo
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spirituale di ritorno. È familiare perlomeno ai fisiologi come fenomeno conseguente alla
degenerazione, il caso della pubertà ritardata e non integrata nella formazione organica. - Una
fede del genere non va in collera, non rimprovera, non si difende: non porta «la spada», - essa
non presenta affatto in che misura potrebbe un giorno separare. Non dà prova di sé, né con
miracoli, né con ricompense e promesse, né tantomeno «attraverso la Scrittura»; essa stessa è
ad ogni istante il proprio miracolo, la propria ricompensa, la propria prova, il proprio «regno
di Dio». Questa fede non formula neppure se stessa - vive, si oppone alle formule.
Indubbiamente la contingenza dell'ambiente, della lingua, della preparazione determina un
certo ambito di idee: il primo cristianesimo adopera solo concetti giudaico-semitici (- tra
questi il mangiare e il bere nell'eucarestia; un concetto così malamente abusato dalla Chiesa,
come tutto ciò che è ebraico). Ma si badi bene a vedere in ciò qualcosa di più che un discorso
mimico, una semeiotica, un'opportunità di discorrere per metafore. Proprio il fatto che nessuna
parola viene presa alla lettera è, per quest'antirealista, la condizione preliminare per potere, in
genere, parlare. In mezzo a Indiani si sarebbe servito dei concetti del Sänkhya, tra i Cinesi di
quelli di Laotse, - senza notarvi differenza alcuna. - Con una certa approssimazione
nell'espressione, si potrebbe definire Gesù un «libero spirito» - egli non se ne fa nulla di tutto
quanto è fisso: la parola uccide, tutto ciò che è fisso uccide. Il concetto, l'esperienza «vita»,
così come lui la conosce, si oppone, per lui, a qualsiasi specie di parola, formula, legge,
credenza, dogma. Egli parla solo di ciò che è intimo - tutto il resto, l'intera realtà, l'intera
natura, la lingua stessa hanno per lui solo il valore di un segno, di una metafora. - A questo
punto non è nemmeno in alcun modo capir male, benché sia grande la seduzione presente nel
pregiudizio cristiano, intendo dire ecclesiastico: un tale simbolismo par excellence sta fuori
da ogni religione, da ogni concetto di culto, da ogni storia, da ogni scienza naturale, da ogni
esperienza del mondo, da ogni conoscenza, da ogni politica, da ogni psicologia, da ogni libro,
da ogni arte - il suo «sapere» consiste appunto soltanto nella pura follia che qualcosa di
simile esista. La cultura non gli è nota nemmeno per sentito dire, non gli è necessaria alcuna
lotta contro di essa, - non la nega... Lo stesso vale per lo Stato, per l'intero ordine e l'intera
società civile, per il lavoro, per la guerra - egli non ha mai avuto una ragione per negare «il
mondo», egli non ha mai avuto sentore del concetto ecclesiastico di «mondo»... Il negare è
appunto la cosa che gli è del tutto impossibile. - Così pure è assente la dialettica, è assente il
pensiero che una fede, una «verità» possa venir provata con argomenti (- le sue prove sono
«luci» interiori, interiori sensazioni di diletto e autoconferme, nient'altro che «prove di forza»
-). Una simile dottrina non è nemmeno in grado di contraddire; essa non concepisce neppure
che esistano, che possano esistere altre dottrine; non riesce nemmeno a immaginarsi un
giudicare in senso contrario... Ove si imbatta in esso, con la più profonda partecipazione
compiangerà la sua «cecità», - dal momento che essa vede la «luce» -, ma non farà obiezioni...
33.
Nell'intera psicologia del «Vangelo» manca il concetto di colpa e di punizione; similmente
quello di ricompensa. Il «peccato», qualsivoglia rapporto di distacco tra Dio e uomo, è
abolito, - e appunto questa è la «buona novella». La beatitudine non viene promessa, non
viene vincolata a condizioni: è l'unica realtà - il resto è figura per parlarne...
La conseguenza di una siffatta situazione si rispecchia in una nuova pratica; la pratica