Page 32 - Nietzsche - L'Anticristo, Crepuscolo degli idoli, Ecce Homo
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umano più degno: il resto non conosce i più elementari requisiti della rettitudine intellettuale.

      Tutti,  nessuno  escluso,  si  comportano  come  donnette,  questi  grossi  fanatici  e  bestie  rare  -
      prendono i «bei sentimenti» per argomenti, il «petto in fuori» per un mantice della divinità, la
      convinzione per un criterio di verità. Infine ancora Kant, con «teutonica» innocenza, ha tentato
      di render scientifica questa forma di corruzione, questa carenza di coscienza intellettuale, col
      concetto della «ragion pratica»: a tale scopo inventò espressamente una ragione, in presenza
      della quale non ci si dovrebbe curare della ragione, e allorquando cioè la morale, - la sublime
      esigenza del «tu devi» si fa sentire. Se consideriamo che presso quasi tutti i popoli il filosofo

      non  è  altro  che  un  ulteriore  sviluppo  del  tipo  sacerdotale,  questo  frammento  dell'eredità
      pretesca, questa opera di falsari davanti a se stessi non susciterà più sorpresa. Allorché si
      hanno sante incombenze, ad esempio, quella di rendere migliori, di salvare, di redimere gli
      uomini, allorché si porta la divinità in petto e si è porta-voce d'imperativi oltre mondani, ci si
      trova già, con una simile missione, al di sopra di ogni valutazione meramente razionale; - si è
      addirittura già santificati da un siffato mandato, ci si pone già come esemplari d'un ordine più

      alto!... Che se ne fa un prete della scienza! Egli sta troppo in alto per queste cose! - E il prete
      ha dominato! Ha statuito il concetto di «vero» e di «non vero»!...

      13.
         Non  sottovalutiamo  questa  circostanza:  noi  stessi,  noi  spiriti  liberi,  siamo  già  una
      «trasvalutazione di tutti i valori», una dichiarazione di guerra e di vittoria in carne e ossa a
      tutti  i  vecchi  concetti  di  «vero»  e  «non  vero».  Le  idee  più  preziose  vengono  scoperte  per

      ultime; ma le idee più preziose sono i metodi. Tutti i metodi, tutte le premesse della nostra
      attuale scientificità hanno avuto per millenni contro di sé il più profondo disprezzo: a cagione
      di  essi  si  era  tagliati  fuori  dal  commercio  con  le  persone  «rispettabili»,  -  si  passava  per
      «nemici  di  Dio»,  per  dispregiatori  della  verità,  per  «indemoniati».  Quanto  a  mentalità
      scientifica eravamo dei Ciandala... Abbiamo avuto contro di noi l'intero pathos dell'umanità -

      il suo concetto di ciò che deve essere verità, di ciò che deve essere servire la Verità: ogni «tu
      devi» era fino ad oggi diretto contro di noi... I nostri oggetti, le nostre pratiche, la nostra cauta,
      silente,  guardinga  maniera  -  tutto  ciò  a  quell'umanità  appariva  completamente  indegno  e
      spregevole. - Potremmo alfine domandarci, con un certo fondamento, se non fosse stato invero
      un gusto estetico, quello che ha tenuto l'umanità in una così lunga cecità: essa pretendeva dalla
      verità un effetto pittoresco, pretendeva parimenti dall'uomo della conoscenza che egli agisse
      vigorosamente sui sensi. La nostra riservatezza per lunghissimo tempo era contraria al suo
      gusto... Oh, come colsero bene tutto ciò, questi tacchini di Dio. -


      14.
         Ci siamo ravveduti. Siamo diventati più modesti in ogni cosa. Non deriviamo più l'uomo
      dallo «spirito», dalla «divinità», l'abbiamo rimesso tra gli animali. Egli è per noi l'animale
      più  forte,  perché  il  più  astuto:  la  sua  spiritualità  ne  è  una  conseguenza.  D'altra  parte  ci

      opponiamo ad una vanità, che vorrebbe farsi sentire di nuovo anche a questo punto: come se
      l'uomo fosse stato la grande intenzione recondita dell'evoluzione animale. Egli non è affatto un
      coronamento della creazione: ogni creatura è su un identico gradino della perfezione accanto a
      lui... E dicendo questo, diciamo ancora troppo: l'uomo è, relativamente parlando, l'animale
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