Page 28 - Nietzsche - L'Anticristo, Crepuscolo degli idoli, Ecce Homo
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cristiano...


      4.
         L'umanità non rappresenta uno sviluppo verso il migliore, o il più forte o il superiore, così
      come  oggi  si  crede.  Il  «progresso»  non  è  altro  che  un'idea  moderna,  vale  a  dire  una  idea
      sbagliata. L'europeo di oggi rimane, nel suo valore, profondamente al di sotto dell'europeo del
      Rinascimento; sviluppo ulteriore non è assolutamente, per chissà quale necessità, elevazione,
      crescita, rafforzamento.

         In un altro senso vi è nei più disparati angoli della terra e a partire dalle più diverse civiltà
      un continuo successo di casi isolati, attraverso i quali si manifesta, di fatto, un tipo superiore:
      un qualcosa che in rapporto all'umanità nel suo insieme è una sorta di superuomo. Simili casi
      fortunati di grande riuscita sono stati sempre possibili e forse sempre lo saranno. E perfino
      intere generazioni, stirpi, popoli possono, in determinate circostanze, rappresentare un siffatto
      caso vincente.


      5.
         Il cristianesimo non va adornato e azzimato: esso ha condotto una guerra senza quartiere
      contro questo superiore tipo umano, ha proscritto tutti gli istinti fondamentali di questo tipo, ha
      distillato da quegli istinti il male, l'uomo cattivo, - l'uomo forte come tipicamente riprovevole,
      come «l'uomo reprobo». Il cristianesimo si è schierato dalla parte di tutto ciò che è debole,
      miserabile, malriuscito; ha fatto un ideale della contraddizione contro gli istinti conservativi

      della  vita  forte;  persino  delle  nature  spiritualmente  più  forti  esso  ha  pervertito  la  ragione,
      insegnando a sentire i massimi valori della spiritualità come peccaminosi, come fuorvianti,
      come tentazioni. L'esempio più deplorevole: la rovina di Pascal, il quale credette al guastarsi
      della  propria  ragione  a  causa  del  peccato  originale,  mentr'essa  era  guastata  solo  dal  suo
      cristianesimo! -


      6.
         È uno spettacolo doloroso, orribile, quello che mi sta di fronte: ho tirato via il velame dalla
      degenerazione dell'uomo. Questa parola, sulle mie labbra, è al riparo almeno da un sospetto:
      quello di racchiudere un'accusa morale dell'uomo. Essa è detta - vorrei sottolinearlo ancora
      una volta - in senso scevro da ipocrisia morale: e ciò fino al punto che quella degenerazione
      viene da me avvertita più sensibilmente proprio là dove finora si anelava, con la massima
      consapevolezza, alla «virtù», alla «divinità». Intendo degenerazione, già lo si indovina, nel

      senso di décadence: io affermo che tutti i valori in cui l'umanità compendia in questo momento
      la sua idealità suprema sono valori di décadence.
         Chiamo un animale, una specie, un individuo degenerati, quando hanno perso i propri istinti,
      quando  scelgono,  quando  preferiscono,  ciò  che  li  danneggia.  Una  storia  dei  «superiori
      sentimenti»,  degli  «ideali  dell'umanità»  -  e  può  essere  che  sia  io  a  doverla  raccontare  -

      sarebbe a un dipresso anche la spiegazione del perché l'uomo sia così degenerato.
         La  stessa  vita  vale  per  me  in  quanto  istinto  di  crescita,  di  durata,  di  accumulazione  di
      energie,  di  potenza:  dove  la  volontà  di  potenza  manca,  è  il  declino.  Affermo  che  a  tutti  i
      massimi valori dell'umanità questa volontà manca- che valori di decadenza, valori nichilisti
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