Page 23 - Nietzsche - L'Anticristo, Crepuscolo degli idoli, Ecce Homo
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Nietzsche è perciò il filosofo di un'opposizione forte, non delle opposizioni deboli: tali gli

      appaiono il socialismo, l'anarchismo, il femminismo... Questi movimenti rappresentano, a
      suo  avviso,  la  continuazione  laica  della  morale  cristiana,  così  come  la  filosofia  è  la
      continuazione  della  teologia.  Promettono  tutto,  ma  non  mantengono  nulla;  nascono  e  si
      sviluppano  da  uno  stato  di  profondo  malessere  nei  confronti  della  realtà,  e  trasformano
      questa situazione morbosa in un privilegio e perfino in un dovere; sono privi di una forza
      autonoma  e  vivono  di  risentimento,  di  compassione,  di  indignazione;  reclamano  «diritti
      uguali» per tutti e così aboliscono in partenza la loro differenza; sono quindi movimenti

      rinunciatari che si accontentano di promesse e di speranze, che hanno nei confronti della
      vita un atteggiamento proiettivo, perché pongono l'essenziale sempre altrove, in un futuro
      che non si realizzerà mai. La stessa rivendicazione di un diritto presenta, dal punto di vista
      di Nietzsche, un aspetto ingenuo o ipocrita: infatti nessun diritto sarà mai riconosciuto se
      non ha la potenza di farsi riconoscere; se ha questa potenza, il fatto di presentarsi soltanto
      come «diritto» lo indebolisce anziché rafforzarlo.

         Il pensiero nietzscheano rifiuta così alla radice il concetto di ideologia, di verità pratica,
      di teoria al servizio dell'azione. L'idea tipicamente ebraica e cristiana del libro che cambia
      la vita, ereditata e fatta propria dal socialismo (in cui gli intellettuali prendono il posto dei
      preti) si fonda su un completo capovolgimento del naturale rapporto tra l'esperienza e il
      libro, tra la vita e la teoria: essa attribuisce surrettiziamente al libro e ai suoi interpreti
      privilegiati, l'autorità di sottrarre i lettori e i seguaci al loro presente e alla loro realtà,
      imponendo  a  questi,  leggi,  precetti,  comportamenti  privi  di  ogni  rapporto  con  le  loro

      esigenze concrete. Nietzsche contrappone alla Bibbia il codice di Manu, che gli sembra del
      tutto privo di preoccupazioni morali e pedagogiche: a differenza del Vangelo, esso non si
      attende la sua realizzazione dal futuro, ma è esso stesso intimamente legato alla realtà del
      popolo che lo ha prodotto. I libri programmatici, parenetici, ideologici invece chiedono al
      futuro ciò che non hanno, cercano di nascondere la loro irrealtà chiedendo la vita degli

      altri: essi sono come «vampiri» che succhiano il sangue di chi presta loro ascolto.
         A  simili  imposture  è,  secondo  Nietzsche,  preferibile  «l'idiozia»  del  Gesù  storico  o  il
      quietismo pessimistico dei buddhisti. Anch'essi sono espressione della decadenza, cioè non
      amano  la  realtà,  che  provoca  in  loro  uno  stato  di  profonda  sofferenza,  ma  almeno  non
      reagiscono ad essa, non creano il mondo fittizio e morboso della teologia e della morale;
      anzi  si  sottraggono  alla  realtà  con  l'accettazione  incondizionata  di  tutto,  con  la
      eliminazione di ogni lotta. La «buona novella» insegna appunto la fine di ogni opposizione,
      di ogni dialettica: Gesù non nega mai, non contraddice mai, non giudica mai; perciò i suoi

      seguaci, a cominciare dagli Evangelisti e da Paolo, hanno tradito nel modo più indegno il
      significato della sua vita. Non diversamente il buddhismo si difende dal dolore mediante un
      edonismo  quietistico  che  elude  ogni  contrasto,  ogni  dovere,  ogni  costrizione.  Nietzsche
      considera questa mancanza di opposizione assai più sana della falsa opposizione reattiva
      della morale e del cristianesimo: per quanto nasca da una debolezza radicale, almeno non

      si spaccia per altro da quello che è, e con questa modestia ritrova un rapporto naturale con
      la realtà da cui la morale è per definizione esclusa: «la beatitudine non viene promessa,
      non  viene  vincolata  a  condizioni:  è  l'unica  realtà»  (par.  33),  qualcosa  di  dato,  di
      immediatamente presente, un modo di vivere, che non rimanda ad altro che a se stesso, non
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