Page 22 - Nietzsche - L'Anticristo, Crepuscolo degli idoli, Ecce Homo
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non hanno affatto bisogno di quel sovrappiù che è fornito dall'affermazione verbale della
loro verità e della loro moralità: quando vien meno il naturale piacere che è la loro ragion
d'essere e che le accompagna, è tempo di abbandonarle; la morale è invece il tentativo di
conservarle, trasformandole in verità e in dovere: la funzione del prete è appunto quella di
nascondere, con la sanzione del loro valore, la loro fine storica. La religione e la morale
implicano perciò un'impostura essenziale: l'affermazione della verità o della santità di
alcunché significa «il prete mente...» (par. 55). Ciò che è reale è «modesto»: ogni
proposizione valutativa è viceversa una dichiarazione implicita d'impotenza e di
nichilismo.
È dunque Nietzsche un apologeta del potere, del fatto compiuto, della prova di forza? un
ammiratore incondizionato del successo, dell'effettualità più brutale, dell'arbitrio? propone
un'obbedienza totale al più forte, a chi vince, a chi prevarica sui deboli, sui poveri, sugli
umili? il suo disprezzo per la morale, per la religione, per il cristianesimo implica l'elogio
della violenza e della barbarie?
Questa interpretazione, da qualsiasi parte avanzata, non comprende nulla di Nietzsche e del
suo pensiero: Nietzsche non è un filosofo dell'identità (del potere, dell'essere), ma un filosofo
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dell'opposizione (della differenza, del divenire) . Il cristianesimo è dal IV secolo la religione
dei vincitori, del potere, dello Stato ed è in quanto tale che Nietzsche la combatte.
L'opposizione della morale e del cristianesimo al «mondo» e alla politica è una pseudo-
opposizione che cela una sostanziale connivenza: la morale è il mezzo su cui i preti
costituiscono il loro potere, «tiranneggiano le masse e formano le mandrie». Il progetto storico
del cristianesimo consiste appunto in una gigantesca mistificazione per cui i più nichilisti, i
più impotenti, i meno capaci di creare, diventano padroni del mondo in nome di entità
trascendenti che essi stessi gestiscono e amministrano.
Questo progetto concepito da Paolo di Tarso ha potuto essere realizzato solo mediante
un'enorme impostura, la quale ha falsificato e capovolto ogni aspetto della realtà e lo
stesso concetto di realtà. Poiché sul piano della realtà - che per Nietzsche è differenza,
divenire, movimento continuo - i preti cristiani avrebbero avuto senz'altro la peggio, essi ne
hanno fatto a meno: animati da un rancore, da un risentimento, da un odio profondo e
radicale nei confronti di essa, hanno fondato il loro potere su astrazioni (il concetto di Dio
come sommo bene...), su deliri (il peccato...), su fantasie (l'aldilà...) che richiedono uno
sforzo continuo, un impegno costante di energie per poter essere mantenute. «I preti hanno
sempre avuto bisogno della guerra» (par. 48), del fanatismo e dell'indignazione, poiché solo
mediante uno stato permanente di allarme, di sovraeccitazione, di isterismo, provocato e
sostenuto dal sangue dei martiri e dalle fobie degli individui più emotivi e meno razionali,
era possibile tenere lontane le masse dalla realtà. La logica dell'odio, lo spirito di fazione,
la mentalità della vendetta, introdotte da Paolo, sono indispensabili al successo storico del
cristianesimo. Nietzsche mostra così l'artificiosità, il malessere, il carattere derivato e
reattivo dell'identità, del potere, dell'essere, e viceversa la naturalità, la potenza, la
dimensione originaria e primaria della differenza e del divenire: egli sta dalla parte del più
forte, perché pensa che tale sia la vita non lo stato, la differenza non l'identità.