Page 20 - Nietzsche - L'Anticristo, Crepuscolo degli idoli, Ecce Homo
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Introduzione
Il nodo teorico fondamentale dell' Anticristo (terminato nel settembre del 1888 e
pubblicato nel 1895) è la connessione essenziale tra la morale (il cristianesimo, la
religione...) e il nichilismo. Tale connessione è estranea al senso comune, agli occhi del
quale l'affermazione dei valori morali appare come il contrario del nichilismo, e l'uomo
religioso come l'antitesi del nichilista: il senso comune consente che tra coloro che fanno
professione di virtù e sono considerati anime pie, possono bene trovarsi degli impostori e
dei Tartufe, e viceversa ammette che perfino in una vita immorale può nascondersi una
tensione ideale, una pietà religiosa, per quanto sviata e stravolta dai suoi fini naturali, ma
ciononostante ritiene che la verità morale e la menzogna, il bene e il male, l'ideale e il
nulla restino in sé due concetti inconciliabilmente opposti tra i quali nessuna confusione è
possibile. Per il senso comune, anche se storicamente non è sempre facile distinguere i
buoni dai cattivi, la convinzione dalla malafede, l'altruismo dall'interesse personale,
filosoficamente l'opposizione tra morale e nichilismo sembra indiscutibile: al punto che,
perfino se paradossalmente tutti i virtuosi avessero mentito, da ciò non si potrebbe ancora
dedurre che la vita morale è menzogna, ma soltanto che essa è difficile, e forse impossibile.
L'eventuale impossibilità storica dell'ideale morale non comprometterebbe tuttavia affatto
la sua identità concettuale, anzi sotto certi aspetti costituirebbe la migliore salvaguardia
della sua purezza.
Sono proprio queste certezze del senso comune, che Nietzsche scardina; e non dal punto
di vista empirico, fenomenologico, storico, ma secondo un 'ottica filosofica. Per Nietzsche
la morale, l'ideale, il dover-essere è menzogna, nichilismo, impostura: perfino se
paradossalmente tutti i virtuosi fossero stati in buona fede, da ciò si dovrebbe dedurre
soltanto che essi sono stati tutti incondizionatamente nichilisti. Il suo rifiuto della morale,
del cristianesimo, della religione, non è storico, ma innanzitutto filosofico ed essenziale;
non si basa tanto sull'esame dei danni recati dalla morale, ma investe il concetto stesso di
valore. I deplorevoli effetti della morale e della religione sono già tutti impliciti nella loro
origine: esse non possono produrre nessun guasto maggiore della loro stessa esistenza.
Il valore, nel puro senso kantiano di «dover-essere», è ciò che conta indipendentemente
dal fatto di essere, dalla sua realtà storica: anzi, il suo statuto concettuale si fonda proprio
sull'ir-realtà. L'ideale è per definizione qualcosa che vale a prescindere dalla realtà, dal
processo storico: esso apre un ambito che sta al di sopra dell'effettualità, e che consente
appunto di esprimere su questa un giudizio, una valutazione, una sentenza. La morale si
costituisce come tale nella misura in cui assume una distanza nei confronti della realtà ed è
proprio questo movimento di allontanamento dall'effettuale che Nietzsche considera come
nichilistico. Esso non è un aspetto, ma è la sostanza stessa della moralità: perciò la critica
di Nietzsche investe il nocciolo stesso della questione. Nessuna morale è possibile fintanto