Page 207 - Nietzsche - L'Anticristo, Crepuscolo degli idoli, Ecce Homo
P. 207

- l'anima, che ha la scala più alta e che può scendere più nel profondo,

                    l'anima più vasta, che può correre e perdersi e vagare con la maggiore ampiezza
                 dentro di sé,
                    la più necessaria, che si precipita con gioia nel caso
                    l'anima che è, che vuole perdersi nel divenire, l'anima che ha, che vuole beffarsi
                 nel volere e nel desiderare
                    che fugge se stessa, che si raggiunge nei cerchi più ampi,
                    l'anima più saggia, alla quale la follia parla nel modo più dolce

                    l'anima che più ama se stessa, nella quale tutte le cose hanno le loro correnti e
                 controcorrenti, flusso e riflusso. -

         Ma  è  il  concetto  stesso  di  Dioniso.  -  Proprio  a  questo  conduce  anche  un'altra
      considerazione.  Il  problema  psicologico  del  tipo  Zarathustra  è  questo:  come  mai  colui  che
      dice di no in un grado inaudito, che agisce il no di fronte a tutto ciò a cui finora si è detto sì,

      possa essere tuttavia il contrario di uno spirito negatore; come mai lo spirito che porta il peso
      maggiore di destino, una fatalità nel suo compito, possa ciononostante essere il più leggero, il
      più al di là - Zarathustra è un danzatore -; come mai colui che pronuncia il giudizio più duro,
      più terribile sulla realtà, che ha pensato il «pensiero più abissale», non trovi tuttavia nessuna
      obiezione contro l'esistenza, neppure contro il suo eterno ritorno, - ma piuttosto un motivo in
      più per essere egli stesso l'eterno sì a tutte le cose, «l'immenso illimitato sì e amen»... «In tutti
      gli abissi porto ancora il mio sì benedicente»... Ma ancora una volta questo è il concetto di

      Dioniso.

      7.
         - Quale lingua parlerà un simile spirito, quando parla a sé solo? La lingua del ditirambo. Io
      sono lo scopritore del ditirambo. Si ascolti cosa dice a se stesso Zarathustra prima che sorga

      il sole (III, 18): una tale smeraldina felicità, una tale divina tenerezza non l'ha avuta nessuna
      parola  prima  della  mia.  Anche  la  malinconia  più  profonda  di  un  tale  Dioniso  diventa
      ditirambo;  prendo  come  suo  segno  il  «Canto  notturno»,  l'immortale  lamento  di  chi  è
      condannato  dalla  sovrabbondanza  di  luce  e  di  potenza,  dalla  propria  natura  solare,  a  non
      amare.

                    È notte: ora parlano più forte tutte le fontane zampillanti. Anche la mia anima è
                 una fontana zampillante.

                    È notte: solo ora si destano tutti i canti degli amanti. Anche l'anima mia è il canto
                 di un amante.
                    Qualche cosa di inappagato, l'inappagabile è in me, che vuol farsi voce. Un'avidità
                 d'amore è in me, che parla la lingua dell'amore.
                    Luce io sono: ah! fossi notte! Ma questo è la mia solitudine essere cinto di luce.

                    Ah! se fossi oscuro e notturno! Come succhierei al seno della luce!
                    E come vorrei benedire anche voi, voi piccole stelle scintillanti e lucciole lassù in
                 alto - ed essere beato per i vostri doni di luce.
                    Ma  io  vivo  nella  mia  propria  luce,  io  ribevo  in  me  le  fiamme  che  da  me  si
   202   203   204   205   206   207   208   209   210   211   212