Page 205 - Nietzsche - L'Anticristo, Crepuscolo degli idoli, Ecce Homo
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Roma, dove accettai di vivere - non fu facile. In fondo mi dava noia oltremisura questo luogo,
il più indecoroso della terra, per il poeta dello Zarathustra e che non avevo scelto
liberamente; cercai di liberarmene: volevo andare all'Aquila, l'antitesi di Roma, fondata per
ostilità contro Roma, simile al luogo che fonderò un giorno, un ricordo di un ateo e di un
anticlericale comme il faut, di uno degli esseri a me più affini, il grande imperatore degli
Hohenstaufen Federico II. Ma in tutto ciò vi era una fatalità: dovetti ritornare. Infine mi
accontentai di piazza Barberini, dopo che lo sforzo di cercare una zona anticristiana mi
aveva spossato. Temo anche di aver chiesto una volta, per sfuggire se possibile ai cattivi
odori, persino al palazzo del Quirinale se non avessero una camera tranquilla per un filosofo.
In una loggia che domina la piazza suddetta, dalla quale si vede tutta Roma e si sente, giù in
fondo, mormorare la fontana, fu composto il canto più solitario che mai sia stato creato, il
canto notturno; in quel tempo aleggiava sempre intorno a me una melodia indicibilmente
malinconica, il cui refrain ritrovai nelle parole «morto di immortalità...». Nell'estate, tornato
al sacro luogo dove il primo lampo del pensiero di Zarathustra mi aveva illuminato, trovai il
secondo Zarathustra. Furono sufficienti dieci giorni; non ne sono mai occorsi di più, né con il
primo, né con il terzo e ultimo. L'inverno seguente, sotto l'alcionico cielo di Nizza, che
splendeva allora per la prima volta nella mia vita, trovai il terzo Zarathustra ed ebbi finito.
Appena un anno per tutto quanto. Molte alture e luoghi nascosti del paesaggio di Nizza sono
consacrati per me da momenti indimenticabili; quella parte decisiva, che porta il titolo «Di
vecchie e nuove tavole», fu composta durante la faticosissima salita dalla stazione al
meraviglioso nido moresco di roccia, Eza - l'agilità muscolare è sempre stata in me tanto più
forte quanto più copiosamente fluiva la forza creatrice. Il corpo è inondato dall'entusiasmo:
mettiamo «l'anima» da un canto... Si sarebbe potuto spesso vedermi danzare; a quel tempo
potevo camminare in montagna, senza traccia di stanchezza, sette, otto ore. Dormivo bene,
ridevo molto -, avevo un vigore e una pazienza perfetti.
5.
Se si prescinde da queste opere create in dieci giorni, gli anni coevi e soprattutto posteriori
allo Zarathustra furono di una difficoltà senza pari. Si paga a caro prezzo l'essere immortali:
per questo si muore, da vivi, parecchie volte. - C'è qualcosa che io chiamo la rancune della
grandezza: ogni cosa grande, un'opera, un'azione, una volta portata a termine, si rivolta senza
indugio contro il suo autore. Proprio per questo, per averla compiuta, egli si ritrova ora
indebolito, non la sopporta più, non la guarda più in faccia. Avere dietro a sé qualcosa che
non sarebbe stato lecito volere, qualcosa cui è annodato il destino dell'umanità - e averlo
ormai su di sé!... è un fatto quasi schiacciante... La rancune della grandezza! - Un'altra cosa
ancora è il terribile silenzio che si sente intorno a sé. La solitudine ha sette pelli; nulla può
attraversarla. Si avvicina la gente, si salutano gli amici: nuovo deserto, nessuno sguardo più ci
saluta. Nel migliore dei casi, una specie di rivolta. Ho conosciuto una tale rivolta, in gradi
molto diversi, ma quasi in ognuno di quelli che mi stavano vicini; pare che nulla ferisca di più
del far sentire all'improvviso una distanza, - le nature aristocratiche, che non sanno vivere
senza venerare, sono rare. - In terzo luogo vi è l'assurda irritabilità della pelle alle piccole
punture, una sorta di impotenza di fronte a tutto quanto è piccolo. Ciò mi sembra determinato
dall'enorme sperpero di tutte le forze difensive che ogni azione creatrice, ogni azione che