Page 206 - Nietzsche - L'Anticristo, Crepuscolo degli idoli, Ecce Homo
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nasca da quanto è più personale, più intimo, più profondo ha come presupposto. Le piccole
facoltà difensive sono con ciò scardinate; nessuna forza affluisce più verso di loro. - Oso
ancora accennare che si digerisce peggio, ci si muove malvolentieri, si è troppo indifesi
contro le sensazioni di freddo e anche contro la diffidenza, - la diffidenza, che in molti casi è
solo un errore eziologico. In un tale stato sentii una volta la vicinanza di una mandria di
mucche, ancor prima di vederle, per il ritorno dei pensieri più dolci, più filantropici: questo
ha in sé calore...
6.
Quest'opera fa parte a sé. Lasciamo da parte i poeti: forse nulla è mai nato da una simile
sovrabbondanza di forze. Il mio concetto di «dionisiaco» si fece qui azione suprema;
commisurato ad essa, ogni «agire» umano appare povero e limitato. Il fatto che un Goethe, uno
Shakespeare, non avrebbero saputo respirare un solo attimo in questa prodigiosa passionalità
e a questa altezza, che Dante, paragonato a Zarathustra sia solo un credente e non uno che crea
innanzitutto la verità, uno spirito reggitore del mondo, un destino - che i poeti del Veda siano
dei sacerdoti, e neppure degni di slacciare le scarpe a uno Zarathustra, tutto ciò è nulla e non
dà l'idea della distanza, della azzurra solitudine nella quale quest'opera vive. Zarathustra ha
l'eterno diritto di dire: «io traccio cerchi intorno a me e sacri confini; sempre meno sono
quelli che ascendono con me su monti sempre più alti, - io costruisco una catena di monti
sempre più sacri». Si immagini lo spirito e il pregio di tutte le grandi anime riuniti in un tutto
unico: non sarebbero capaci, tutte insieme, di produrre un discorso di Zarathustra. La scala
sulla quale egli sale e scende è immensa; egli ha visto di più, ha voluto di più, ha potuto di
più di ogni altro uomo. Contraddice con ogni sua parola, lui che più di ogni altro spirito dice
di sì; in lui tutti i contrari sono legati in una nuova unità. Le forze più sublimi e più basse della
natura umana, ciò che di più dolce, di più leggero e terribile fluisce da una stessa fonte con
l'immortale sicurezza. Fino a quel momento s'ignorava che cos'è altezza, che cos'è profondità;
ancor meno che cos'è verità. Non c'è un momento, in questa manifestazione della verità che sia
già stato anticipato, che sia già stato indovinato da qualcuno dei più grandi. Non c'è saggezza,
non c'è studio dell'anima, non c'è arte della parola di fronte a Zarathustra; quanto c'è di più
vicino, di più quotidiano parla qui di cose inaudite. La sentenza tremante di passione;
l'eloquenza diventata musica; folgori scagliate verso mondi ancora avvenire non divinati. In
confronto la forza più potente che sia mai esistita finora è povera; un gioco da nulla contro
questo ritorno della lingua alla natura del linguaggio metaforico. - E come sa scendere
Zarathustra e dire ad ognuno le parole più benevole! Come tocca egli stesso con mani delicate
i suoi contraddittori, i preti, e soffre con loro, di loro! - Qui, ad ogni momento, l'uomo è
superato, il concetto di «superuomo» è divenuto qui la più sublime realtà, - tutto ciò che finora
è stato grande nell'uomo resta in un'infinita lontananza, sotto di lui. L'alcionico, il piede
leggero, l'onnipresenza di malvagità e sfrenatezza e quanto vi è ancora di tipico per il tipo
Zarathustra non è mai stato neppure sognato come essenziale alla grandezza. Proprio in questa
estensione di spazio, in questa accessibilità a quanto v'è di più opposto Zarathustra avverte se
stesso come la forma suprema di tutto ciò che esiste; e quando la si sente definire, come lui
la definisce, si rinuncia allora a cercare la sua similitudine.