Page 209 - Nietzsche - L'Anticristo, Crepuscolo degli idoli, Ecce Homo
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Niente di simile è stato mai composto, mai sentito, mai sofferto: così soffre un dio, un
Dioniso. La risposta a un tale ditirambo del farsi solitudine del sole nella luce sarebbe
Arianna... Chi oltre a me sa che cos'è Arianna!... Nessuno finora ha posseduto la chiave di
tutti questi enigmi, dubito che qualcuno abbia mai visto qui degli enigmi. - Zarathustra
definisce una volta, con rigore, il suo compito - è anche il mio -, dicendo che non ci si può
sbagliare sul suo significato: è affermativo fino alla giustificazione, fino alla redenzione
anche di tutto il passato.
Io vado tra gli uomini come tra frammenti di futuro; di quel futuro che io scruto.
E questo è tutta la mia opera e il mio cercare, ricondurre poeticamente ad unità,
ciò che è frammento ed enigma e orribile caso.
E come sopporterei di essere uomo, se l'uomo non fosse anche poeta e decifratore
di enigmi e redentore del caso?
Redimere coloro che furono e mutare ogni «così fu» in un «così volli!» - questo
ho chiamato redenzione.
In un altro punto egli definisce, con il maggior rigore possibile, ciò che solo per lui può
essere «l'uomo» - non un oggetto d'amore o addirittura di pietà - Zarathustra ha superato anche
il grande disgusto per l'uomo: l'uomo per lui è un essere informe, un materiale, un pietrame
bruto che ha bisogno dello scultore.
Non-più-volere, non-più-valutare e non-più-creare: oh, potesse questa grande
stanchezza restarmi sempre lontana!
Anche nel mio conoscere sento solo il piacere della mia volontà nel procreare e
nel divenire; e se c'è innocenza nel mio conoscere, ciò accade perché in esso vi è
volontà di procreare.
Lontano da Dio e dagli dèi mi ha portato questa volontà: cosa ci sarebbe da
creare, se gli dèi - esistessero?
Ma verso l'uomo mi riporta sempre di nuovo la mia ardente volontà di creare; così
il martello è attirato verso la pietra.
Ah, voi uomini, nella pietra dorme per me un'immagine, l'immagine delle
immagini! Ah, perché deve dormire nella più bruta, dura pietra!
Ora infierisce orribilmente il mio martello contro la sua prigione. Schegge
polverizzate sprizzano dalle pietre: che m'importa!
A termine voglio condurre la mia opera, perché un'ombra è venuta a me, - la più
silenziosa, la più lieve di tutte le cose è venuta a me un giorno!
La bellezza del superuomo è venuta a me come un'ombra: che mi importa più -
degli dèi!...
Metto in evidenza un ultimo punto di vista: il verso sottolineato ne offre l'occasione. Per un
compito dionisiaco la durezza del martello, il piacere stesso di distruggere sono premesse
determinanti. L'imperativo «diventate duri!», la certezza più profonda, che tutti i creatori
sono duri, è il segno vero di una natura dionisiaca. -