Page 197 - Nietzsche - L'Anticristo, Crepuscolo degli idoli, Ecce Homo
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4.
Allora il mio istinto si decise inesorabilmente contro ogni ulteriore cedimento, contro ogni
comune procedere, ogni prendersi per un altro. Ogni genere di vita, le condizioni più
sfavorevoli, malattia, povertà, - tutto mi sembrò preferibile a quell'indegno «altruismo» nel
quale ero incappato prima per ignoranza, per gioventù e al quale, più tardi, ero rimasto legato
per pigrizia, per il cosiddetto «senso del dovere». - A questo punto mi venne in aiuto, in un
modo che non potrò mai ammirare abbastanza, e proprio al momento giusto, quella cattiva
eredità paterna - in fondo la predestinazione a una morte precoce. La malattia mi sciolse
lentamente da tutto: mi risparmiò ogni rottura, ogni passo violento e rivoltante. Non ho
perduto allora la benevolenza di nessuno e ne ho acquistata molta ancora. La malattia mi diede
nel contempo il diritto a un completo rovesciamento di tutte le mie abitudini; mi permise, mi
ordinò di dimenticare; mi donò la necessità del riposo, dell'ozio, dell'attesa e della pazienza...
Ma questo è appunto pensare! I miei occhi misero fine da soli ad ogni frenetico nutrirsi di
libri, cioè alla filologia: ero libero dal «libro», per anni non lessi più nulla - il maggiore
beneficio ch'io mi sia mai concesso! - Quel profondo me stesso, quasi sepolto, quasi ridotto al
silenzio sotto un obbligo costante di ascoltare altri sé (- e questo appunto è leggere!) si
risvegliò lentamente, timidamente, dubbiosamente, - ma alla fine parlò di nuovo. Mai ho
provato tanta felicità di me come nei tempi più pieni di dolore e di malattia della mia vita:
basta prendere in esame Aurora o II viandante e la sua ombra per capire cosa fu questo
«ritorno a me stesso»: una forma suprema di guarigione!... L'altra ne fu semplicemente una
conseguenza. -
5.
Umano, troppo umano, questo monumento di una severa autodisciplina, con la quale ho
posto fine bruscamente, in me, ad ogni «sublime impostura», «idealismo», ai «bei sentimenti»
e alle altre femminilità importate, fu redatto, nelle sue parti più importanti, a Sorrento; fu
concluso ed ebbe la sua forma definitiva durante un inverno a Basilea, in circostanze senza
paragone più sfavorevoli, rispetto a quelle di Sorrento. In fondo è il signor Peter Gast, che
studiava allora all'università di Basilea e mi era molto devoto, che ha il libro sulla coscienza.
Io dettavo, la testa bendata e dolorante, lui scriveva, e anche correggeva, - egli era in fondo il
vero scrittore, mentre io ero solo l'autore. Quando infine ebbi tra le mani il libro finito - con il
profondo stupore di un malato grave - ne spedii due esemplari, tra gli altri, anche a Bayreuth.
Per un miracolo che rendeva significativo il caso, ricevetti contemporaneamente un
bell'esemplare del testo del Parsifal, con una dedica di Wagner a me, «al suo caro amico
Friedrich Nietzsche, Richard Wagner, consigliere ecclesiastico». - Questo incrociarsi dei due
libri - mi parve di sentirvi un accento di cattivo augurio. Non suonava come se si
incrociassero due spade?... In ogni caso lo sentiamo così entrambi: poiché entrambi tacemmo.
- A quell'epoca apparvero anche i primi Bayreuther Blätter: compresi per che cosa fosse
giunto il momento. - Incredibile! Wagner era diventato pio...
6.
Che opinione avessi allora (1876) di me, con quale prodigiosa sicurezza io tenessi in mano