Page 150 - Nietzsche - L'Anticristo, Crepuscolo degli idoli, Ecce Homo
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superuomo non è un tipo ideale, «un genere superiore di uomo, mezzo "santo" e mezzo
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"genio"» , ma indica il processo di superamento della miseria «uomo» per l'affermazione
di un suo più alto sviluppo, appunto quel superamento di se stesso insito nel divenire ciò
che si è. Perché la vita e il divenire siano affermati è in primo luogo necessaria quella
«libertà da ogni fazione di fronte al problema generale della vita» che Nietzsche ascrive
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alla fatalità della sua esistenza : è proprio il dolore, il pensiero della morte così
profondamente radicato già nell'infanzia, la malattia e la prossimità della fine che permette
l'essere al di là della vita stessa. E quindi il riguardarla in tutta la sua totalità e
complessità, l'apprendere quella doppia ottica dalla quale con l'«ottica del malato,
considerare i concetti e i valori più sani, poi, al contrario, partendo dalla pienezza e dalla
sicurezza di sé della vita ricca, guardare in basso, nel lavoro segreto dell'istinto di
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décadence» . Questo solo permette di «rovesciare le prospettive» , di acquisire una
visione della realtà che comprenda la mistificazione dell'«ideale», la fuga dalla realtà che
in esso si nasconde. Questa tendenza realistica, antiidealistica, che «divenuta dura e
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tagliente sotto i colpi di martello della conoscenza storica» vuol recidere alla radice il
«bisogno metafisico» dell'umanità, è una delle tendenze predominanti di Ecce homo:
Nietzsche vuole riportare alla base materiale, intesa soprattutto come realtà psicologica e
fisiologica, le «idee» degli uomini, vuole ricondurle e adeguarle alla realtà del divenire. Il
rapporto con Wagner e Schopenhauer ha fatto troppo spesso dimenticare che Nietzsche
viene dopo Feuerbach e la sinistra hegeliana: eppure ancora nell'Anticristo viene ricordata
la lettura «dell'incomparabile Strauss» e in Ecce homo si cita il giudizio di Bruno Bauer
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sulle Inattuali .
Quello che forse Nietzsche aggiunge a questo realismo è la capacità di penetrazione
psicologica, dalla quale dipende però anche quel lavoro di critica gnoseologica
precedentemente ricordato, e soprattutto il vivere su di sé questa critica: la trasvalutazione
non è soltanto un prodotto del pensiero, ma l'Erlebnis stessa del filosofo, «un atto [...] che è
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divenuto in me carne e genio» . In questa prospettiva si può comprendere meglio il
significato generale assunto dalle «piccole cose» di cui Nietzsche parla in Ecce homo, le
quali «sono infinitamente più importanti di tutto ciò che fino ad oggi si è considerato
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importante» . Affermare il divenire e la vita, criticare le strutture metafisiche o etiche,
significa sul piano personale in primo luogo ritrovare il «filo» del corpo: il che non deve
affatto intendersi come un semplice vitalismo. Perché anche il corpo deve essere
interpretato, e del corpo fa parte integrante anche ciò che è altrimenti inteso come «puro
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spirito», «sistema nervoso e sensi» : Nietzsche non rifiuta affatto la ragione, tenta
soltanto di analizzare la ragione in quanto «istinto» e di non farne un semplice organo
regolatore che non conosca la sua «genealogia» fisica, materiale. Alla base di questo
divenire materiale vi è la volontà di potenza, che non intende affatto fungere da nuovo
principio motore di tutto l'universo: non a caso Nietzsche parlava di essa come di un
«tentativo di una nuova interpretazione di ogni accadere» «in modo provvisorio e
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sperimentale» . Questo «tentativo» di adeguarsi al «senso dei fatti, l'ultimo e più prezioso
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di tutti i sensi» è in fondo più importante anche del suo specifico contenuto: «i metodi, si