Page 154 - Nietzsche - L'Anticristo, Crepuscolo degli idoli, Ecce Homo
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suo periodo wagneriano nella misura in cui essi non sono più ideali, nella misura in cui
essi vengono motivati senza ricorrere ad alcun principio wagneriano o schopenhaueriano.
Per rileggere la Nascita della tragedia, bisogna dimenticare la «wagnereria»; i modelli
delineati nelle Inattuali su Schopenhauer e Wagner sono soltanto dei «segni» nei quali è
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iscritta la storia più intima, la speranza più alta del giovane Nietzsche . Su questa base, il
dionisiaco, nella interpretazione che ne dà l'ultimo Nietzsche, è piuttosto diverso da quello
schopenhauerianamente teorizzato nella sua prima opera come ebbrezza derivante dalla
rottura del principium individuationis; il recupero di Dioniso passa infatti attraverso la
svolta antiidealistica del 1878-'79 e l'esperienza psicologica del 1882, appena ricordata a
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proposito dell'Inno alla vita composto sul testo di Lou von Salomé , e si converte nel pathos
dell'affermazione dell'eterno divenire della vita anche nel suo dolore e nelle sue crisi. A
salvarsi dunque sono le ultimissime pagine della Nascita della tragedia, dove la dissonanza
del Tristano svelava questo «gioco di costruzione e distribuzione del mondo individuale
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come l'afflusso di una gioia primordiale» ; ancora in Ecce homo è dedicata una «pagina
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inaudita» all'Erlebnis del Tristano , mentre dell'attacco a Wagner resta soltanto la critica
violenta alla sua «traduzione» in tedesco, alla sua conversione al Reich.
Il capitolo che Nietzsche dedica al Caso Wagner diviene infatti l'occasione di «dire ai
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tedeschi un paio di dure verità» ; ma adesso si arriva alla conclusione della vicenda
dell'opera nietzscheana. Dopo lo Zarathustra tutto è in un certo senso solo interpretazione,
chiarificazione di qualcosa che in quell'opera era già intuito, fino al punto in cui il
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pensiero non è solo trattazione del problematico, ma deve divenire «decisione» . In questa
prospettiva di «grande politica» rientra l'attacco ai Tedeschi, come quello finale al
cristianesimo. Cogliere il tono ironico presente anche in queste ultime posizioni può oggi
risultare molto difficile, non essendo tra l'altro più percepibili i riferimenti polemici del
testo nietzscheano: se Nietzsche presenta se stesso come «dinamite», implicitamente
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ironizza sul modo in cui era stato recensito sul Bund ; se parla di «grande politica»,
capovolge la definizione che la politica bismarckiana dava di sé, vuol dimostrare che la
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«pace armata» instaurata in Europa dal Reich è «piccola politica» . Inviando a Jean
Bourdeau il testo del «promemoria» per le Corti europee allo scopo di creare una «lega
antitedesca», testo purtroppo andato perduto, Nietzsche si dichiarava convinto della
possibilità di «rimettere in sesto tutta l'assurda situazione dell'Europa con una specie di
risata di dimensioni storico-universali, senza che una sola goccia di sangue sia versata. In
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altri termini: un giornale è sufficiente...» : tutto ciò che si connette alla «grande politica»
non dovrebbe dunque essere preso alla lettera, ma considerato nella prospettiva di questa
mediazione ironica, di questa intonazione «fogliettonistica» che tutti i suoi ultimi scritti
hanno. Ed è scarsamente probabile che Nietzsche si facesse illusioni sulla possibilità di
influire effettivamente sulla realtà politica del suo tempo, qualora si consideri la doppia
dimensione «per tutti e per nessuno» presente anche in Ecce homo o la stessa
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consapevolezza di essere destinato a una vita «postuma» ; piuttosto l'ultimo Nietzsche
cerca di giungere alla società o alla politica attraverso quei mezzi di comunicazione, quali
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il giornale, che vengono generalmente gestiti dal lavoro intellettuale .