Page 155 - Nietzsche - L'Anticristo, Crepuscolo degli idoli, Ecce Homo
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Voler trarre da Nietzsche una teoria politica sarebbe arbitrario e poco fruttuoso: forse

      più significativo è leggere queste ultime posizioni su quel piano di critica al «complesso
      della  cultura»  che  egli  aveva  consapevolmente  scelto.  Sotto  questo  aspetto,  l'attacco  al
      cristianesimo  e  la  grande  politica  appaiono  strettamente  connessi.  Nel  cristianesimo
      Nietzsche non critica soltanto la religione, quanto ogni struttura di pensiero, ogni modo di
      comportamento che sia fuggito dalla realtà, che l'abbia svalutata: basta rileggere l'ultima
      pagina  di  Ecce  homo  per  comprendere  come  nell'attacco  al  cristianesimo  egli  concentri
      tutto  il  lavoro  di  critica  gnoseologica  alle  strutture  del  pensiero  e  al  procedimento  di

      valutazione  etica  condotto  nei  frammenti  degli  ultimi  anni.  Da  questa  critica  deriva
      soprattutto la riaffermazione del divenire: il pensiero si deve a esso adeguare, non deve
      mistificare la realtà, creare categorie ad essa contrapposte. Il pensiero anzi deve diventare
      una molla stessa di questo divenire, di questo sviluppo, non il custode di eterne verità ma
      uno strumento di interpretazione della vita, della realtà: in questa terra, in questa realtà, e
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      non  in  un  mondo  vero  inventato  «per  togliere  valore  all'unico  mondo  esistente» ,  deve
      essere ritrovata la ragione, devono essere rinvenute nuove finalità, nuovi valori, superando
      quell'incuria secolare per tutte quelle «piccole cose» che Nietzsche rivaluta. Tra le quali
      egli  non  annovera  soltanto  i  «problemi  del  nutrimento,  dell'abitazione,  della  dieta
      spirituale, della cura delle malattie, della pulizia, del tempo atmosferico», ma anche «tutti i
      problemi  politici,  dell'organizzazione  sociale,  dell'educazione»:  il  pensiero  dunque  viene

      integrato, in tutti i suoi aspetti, non solo come conoscenza ma anche come indicazione di
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      comportamento, all'interno del complesso del divenire . È questa la svolta, il destino che
      Nietzsche  pensa  di  aver  compiuto  nella  storia  della  conoscenza,  in  modo  particolare
      svelando nella sua genealogia quella che era stata la «Circe» di tutti i filosofi, la morale.

         La  «grande  politica»  nietzscheana  è  la  conseguenza,  e  nello  stesso  tempo  presuppone
      questa svolta: l'umanità deve prendere su di sé il compito del suo sviluppo, deve rendere
      possibile  la  creazione  di  un  «sovrappiù  di  vita»,  dal  quale  soltanto  può  derivare
      l'affermazione dionisiaca del divenire, deve a tal fine uscire «dal dominio del caso e dei
      preti»  e  porre  «globalmente  per  la  prima  volta  la  questione  del  "perché",  dell'"a  che
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      scopo?"» ,  superando  la  fiducia  in  un  progresso  automatico  che  ricorda  ancora  la
      provvidenza divina e avendo la forza di trattare anche le crisi come momenti di crescita e
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      non solo come «qualche cosa che bisogna eliminare» . È in questa prospettiva di sviluppo,
      e non certo in quella di una teoria della razza, che Nietzsche usa termini correnti nella

      cultura  del  suo  tempo  come  allevamento,  selezione,  ecc.:  nei  frammenti  postumi
      contemporanei ciò emerge molto più chiaramente che non in Ecce homo o nelle altre opere
      di questo periodo. Ed è in essa che bisogna collocare anche l'attacco ai Tedeschi, nei quali
      Nietzsche attacca per prima cosa l'idealismo, la mistificazione ideologica, come strumento
      di  consenso  e  di  potere  del  nuovo  Reich.  Lo  stesso  sforzo  di  detedeschizzare  Wagner,  la
      polemica esplicita con Treitschke, con Guglielmo II, con il Deutschland über alles, tutto va
      in  questa  direzione  di  critica  dell'ideologia  tedesca,  di  critica  dunque  al  coagulo  di

      nazionalismo, antisemitismo, irrazionalismo che costituiva i germi di quella che sarebbe
      diventata l'ideologia del terzo Reich: sottovalutare la portata «modernizzatrice» di questa
      polemica  nietzscheana,  anche  alla  luce  dell'esperienza  storica  successiva,  non  è
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