Page 153 - Nietzsche - L'Anticristo, Crepuscolo degli idoli, Ecce Homo
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esempio, che Nietzsche reintroduca solo ora il concetto dionisiaco per definire ciò che in
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quell'opera era divenuto «azione suprema» , mentre nello Zarathustra Dioniso non viene
mai esplicitamente menzionato, ma solo accennato. Questo recupero di Dioniso non è in
fondo che un altro aspetto di quel divenire ciò che si è narrato in Ecce homo; perché si
tratta di comprendere quale cammino Nietzsche ripercorra per ritornare al suo dio
giovanile, quale interpretazione egli dia delle svolte compiute in questo tortuoso itinerario,
quale «selezione» egli compia nelle sue opere, in che modo egli chiuda i conti con esse. In
esse infatti parla una molteplicità di toni che potrebbe sembrare contrastante, e Nietzsche
ne è consapevole: «Al diavolo, signori critici! Posto che avessi battezzato il mio
Zarathustra con un nome diverso, per esempio con quello di Richard Wagner, la sagacia di
due millenni non sarebbe stata sufficiente per indovinare che l'autore di Umano, troppo
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umano è il visionario di Zarathustra...» . L'interesse principale che presenta questa
ennesima rilettura che Nietzsche fa di se stesso - ad appena due anni di distanza dalle
introduzioni scritte per la nuova edizione delle sue opere - è proprio nel modo in cui egli
riduce a unità tale molteplicità. I quasi vent'anni della sua attività letteraria si dividono
pressoché simmetricamente in due parti, distinte dalla profonda cesura del 1878-'79: quello
che forse più colpisce in Ecce homo, e che emerge anche da alcune testimonianze epistolari
contemporanee, è la presenza ancora così viva di quella svolta, che ritorna più volte nel
testo. La malattia, la rottura con Wagner, l'abbandono della professione e della cattedra
basileese, sono il momento che in un certo senso segna la «nascita» di Nietzsche, quello in
cui il suo istinto lo riporta verso se stesso: è allora che si compie la liberazione del suo
spirito, la sua conversione dagli «ideali» alla realtà. Gli stessi gusti letterari, la
predilezione per la cultura francese e la critica allo spirito tedesco, le stesse scelte di
studio - «da allora in poi non mi sono occupato d'altro che di fisiologia, medicina e scienze
naturali -, anche agli studi propriamente storici sono ritornato solo quando il compito mi
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obbligò imperiosamente a farlo» - risentono di quella svolta. È da essa che nasce lo
Zarathustra, dalla liberazione dello spirito compiuta con Umano, troppo umano: la storia che
porta allo Zarathustra, così come viene delineata in Ecce homo, è la storia di un lento
risorgere dell'«aurora» dal «congelamento» dei precedenti ideali, di un progressivo farsi
gaio di quella scienza particolare - la «chimica delle idee e dei sentimenti» - che nello
Zarathustra tornerà ad essere «arte», affermazione. Distinguere un Nietzsche «illuminista»
da uno «visionario», profetico, non ha dunque alcun senso: niente della dedica di Umano,
troppo umano a Voltaire, della ricerca del Freigeist viene rifiutato, la visione dionisiaca
dello Zarathustra deve essere «confermata e sostenuta nel modo più rigoroso e sostenuta
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dalla verità e dalla scienza» ; e in Ecce homo Nietzsche ricorda che la Gaia scienza si
inserisce nel periodo di gestazione di Così parlò Zarathustra, cosa d'altronde pienamente
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confermata dai frammenti postumi del periodo relativo .
Il tornare con gratitudine a ripensare ai «giorni di Tribschen, i giorni della fiducia, della
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gaiezza, dei casi sublimi» , dell'unico rapporto umano che Nietzsche salva in Ecce homo,
può avvenire soltanto sulla base di un profondo «congelamento» degli ideali wagneriani di
un tempo: una gratitudine che è faticosamente conquistata durante il lavoro di autoanalisi
compiuto in Ecce homo. Nietzsche può tornare agli ideali della Nascita della tragedia e del