Page 134 - Nietzsche - L'Anticristo, Crepuscolo degli idoli, Ecce Homo
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con il genio e il «grand'uomo»: la strada democratica, al modo di Buckle, oppure quella
religiosa, al modo di Carlyle. - Il pericolo insito nei grandi uomini e nelle grandi epoche è
straordinario; ogni sorta di esaurimento, la sterilità, li seguono a ruota. Il grande uomo è una
fine; la grande epoca, per esempio il Rinascimento, è una fine. Il genio - nelle opere, nelle
azioni - è necessariamente un dissipatore: nello spendersi sta la sua grandezza... L'istinto di
autoconservazione è per così dire sospeso; la violentissima pressione delle forze prorompenti
gli impedisce qualsiasi riguardo e cautela. Questo vien detto «abnegazione»; in questo si
esalta il suo «eroismo», la sua indifferenza al proprio benessere, la sua dedizione a un'idea, a
una grande causa, a una patria: tutti equivoci... Egli prorompe, straripa, si consuma, non si
risparmia, - con fatalità, ineluttabilmente, involontariamente, come è involontario lo straripare
di un fiume. Ma poiché molto si deve a tali esplosivi, si è anche loro dato molto in cambio,
per esempio una specie di morale superiore... È questa, anzi, la specie della umana
gratitudine: essa fraintende i suoi benefattori. -
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Il delinquente e ciò che gli è affine. - Il tipo del delinquente è il tipo dell'uomo forte in
condizioni avverse, un uomo forte reso malato. Gli mancano i luoghi selvaggi, una certa natura
e una forma di esistenza più libera e pericolosa, in cui sia legittimo tutto ciò che nell'istinto
dell'uomo forte è arma e difesa. Le sue virtù sono messe al bando dalla società; gli impulsi
più vivi che egli ha ancora con sé, presto si deformano a contatto di affetti deprimenti, del
sospetto, del timore, del disonore. Ma questa è press'a poco la ricetta della degenerazione
fisiologica. Chi deve fare di nascosto, con lunga tensione, cautela, astuzia, le cose che sa far
meglio, le cose che farebbe più volentieri, diventa anemico; e poiché dai suoi istinti egli miete
solo pericolo, persecuzione, sciagura, anche il suo sentimento verso questi istinti si stravolge -
li sente come una fatalità. È la società, la nostra società mansuefatta, mediocre, castrata, il
luogo in cui un uomo genuino, che proviene dai monti o dalle avventure sul mare,
necessariamente degenera in criminale. O quasi necessariamente, perché ci sono casi in cui un
uomo simile si dimostra più forte della società: il corso Napoleone è il caso più famoso. Per
il problema che qui si presenta, è significativa la testimonianza di Dostoevskij - Dostoevskij,
l'unico psicologo, tra l'altro, dal quale ho imparato qualcosa: lo annovero tra i più bei casi
fortunati della mia vita, ancor più della scoperta di Stendhal. Quest'uomo profondo, che ebbe
dieci volte ragione a disprezzare la superficialità dei Tedeschi, ha percepito in modo assai
diverso da quanto egli stesso si aspettava i deportati siberiani, in mezzo ai quali visse a lungo,
tutti criminali incalliti per i quali non esisteva più alcuna via di ritorno nella società - li ha
percepiti quasi fossero intagliati nel legno, nel legno migliore, più duro e pregiato che cresca
in terra russa. Generalizziamo il caso del delinquente: immaginiamo nature alle quali, per un
qualche motivo, manchi il comune consenso, le quali sappiano di non esser ritenute benefiche,
utili, - quel sentimento-ciandala di non esser considerate come uguali, ma come reiette,
indegne, contaminatrici. Tutte le nature di questo genere hanno nei loro pensieri e nelle loro
azioni il colore del sottosuolo; in esse tutto diventa più smorto che in coloro sulla cui
esistenza si posa la luce del giorno. Ma quasi tutte le forme di esistenza che noi oggi elogiamo
hanno vissuto una volta in questa aria semisepolcrale: lo scienziato, l'artista, il genio, lo
spirito libero, l'attore, il commerciante, il grande scopritore... Finché il prete fu considerato il