Page 139 - Nietzsche - L'Anticristo, Crepuscolo degli idoli, Ecce Homo
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moralizzato,  così  cristiano  ante  litteram  -  egli  ha  già  il  concetto  di  «bene»  come  concetto

      supremo -, che di fronte al fenomeno Platone adopererei piuttosto la dura espressione di «alto
      imbroglio» oppure quella di idealismo - come qualcun altro preferirebbe. Lo si è pagato caro,
      il fatto che questo Ateniese sia stato a scuola dagli Egiziani (- oppure dagli Ebrei d'Egitto?...).
      Nella grande sciagura del cristianesimo, Platone rappresenta quella ambiguità e quel fascino
      che rese possibile alle più nobili nature dell'antichità di fraintendere se stesse e di avviarsi su
      quel ponte che conduce alla «croce»... E quanto Platone c'è ancora nel concetto di «chiesa»,
      nell'organismo, nel sistema, nella prassi della chiesa! - Il mio riposo, la mia predilezione, la

      mia cura contro ogni platonismo è sempre stato Tucidide.  Tucidide  e,  forse,  il  Principe  di
      Machiavelli  sono  i  più  affini  a  me  per  l'assoluta  volontà  di  non  illudersi  su  di  nulla  e  di
      vedere la ragione nella realtà, - non nella «ragione», e tanto meno nella «morale»... Contro
      quel  penoso  tentativo  di  abbellire  i  Greci  nell'Ideale,  che  il  giovinetto  «dall'educazione
      classica» si porta dietro nella vita come premio per il suo ammaestramento liceale, nulla cura
      tanto radicalmente quanto Tucidide. Lo si deve rivoltare riga per riga, e leggere i suoi pensieri

      reconditi così chiaramente come le sue parole: esistono pochi pensatori altrettanto ricchi di
      pensieri nascosti. In lui giunge a perfetta espressione la cultura dei sofisti, voglio dire dei
      realisti: questo movimento inestimabile, in mezzo alla truffa morale e ideale che con le scuole
      socratiche dilagava in ogni direzione. La filosofia greca come décadence dell'istinto greco;
      Tucidide  come  la  grande  somma,  l'ultima  rivelazione  di  quella  robusta,  rigorosa,  dura
      oggettività che era nell'istinto dell'antico Elleno. Il coraggio di fronte alla realtà differenzia
      infine nature come quelle di Tucidide e di Platone: di fronte alla realtà Platone è un vile, -

      perciò si rifugia nell'ideale; Tucidide ha il dominio di sé - perciò mantiene anche il dominio
      sulle cose...

      3.
         Dal fiutare nei Greci «anime belle», «auree mediocrità» e altre perfezioni, dall'ammirare in

      essi per esempio la calma nella grandezza, sentimenti tesi all'ideale, un'alta semplicità - da
      questa  «alta  semplicità»,  in  ultima  analisi  una  niaiserie  allemande,  fui  preservato  dallo
      psicologo che portavo in me. Io vidi il loro istinto più forte, la volontà di potenza, li vidi
      tremare  di  fronte  all'incoercibile  violenza  di  questo  istinto,  -  vidi  crescere  tutte  le  loro
      istituzioni  da  misure  preventive,  per  porsi  reciprocamente  al  sicuro  dalla  loro  interiore
      materia esplosiva. L'enorme tensione all'interno si scaricava allora in un'ostilità tremenda e
      spietata verso l'esterno: le comunità cittadine si dilaniavano a vicenda, affinché i membri di
      ciascuna di esse trovassero pace da se stessi. Era necessario esser forti: il pericolo era vicino

      -, era ovunque in agguato. La splendida e agile fisicità, l'ardito realismo e immoralismo che è
      proprio  degli  Elleni  è  stato  una  necessità,  non  una  «natura».  Esso  venne  dopo,  come
      conseguenza, non esisteva sin dall'inizio. E con le feste e le arti altro non si voleva se non
      sentirsi  al  di  sopra,  mostrarsi  al  di  sopra:  sono  mezzi  per  glorificare  se  stessi,  e  talvolta
      anche per incuter timore di sé... Giudicare i Greci al modo tedesco, dai loro filosofi, usare ad

      esempio il perbenismo delle scuole socratiche per spiegare che cosa in fondo sia greco!... I
      filosofi sono anzi i décadents della grecità, il movimento inverso rispetto al vecchio gusto, al
      gusto  aristocratico  (-  all'istinto  agonale,  alla  polis,  al  valore  della  razza,  all'autorità  della
      tradizione). Le virtù socratiche vennero predicate perché i Greci non le possedevano più: tutti
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