Page 140 - Nietzsche - L'Anticristo, Crepuscolo degli idoli, Ecce Homo
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quanti eccitabili, paurosi, mutevoli, commedianti, avevano qualche motivo di troppo per farsi

      predicare  la  morale.  Non  che  sia  servito  a  qualcosa:  ma  le  grandi  parole  e  i  grandi
      atteggiamenti si addicono tanto ai décadents...

      4.
         Sono stato il primo che, per comprendere l'antico istinto ellenico, ancor ricco e addirittura
      straripante,  ho  preso  sul  serio  quel  meraviglioso  fenomeno  che  porta  il  nome  di  Dioniso:
      questo lo si può spiegare unicamente pensando a un sovrappiù di forza. Chi segue le tracce dei

      Greci, come il più profondo conoscitore della loro civiltà che oggi esista, Jacob Burckhardt di
      Basilea, ha capito subito che con ciò era stato fatto qualcosa: Burckhardt ha aggiunto alla sua
      Civiltà dei Greci un apposito capitolo su questo fenomeno. Se si vuole un contrasto, si osservi
      la quasi esilarante povertà d'istinto dei filologi tedeschi, quando si accostano al dionisiaco.
      Soprattutto il famoso Lobeck che, con la dignitosa sicurezza di un verme rinsecchito tra i libri,
      si è intrufolato in questo mondo di misteriosi stati d'animo e si è convinto di essere scientifico

      per il fatto di essere superficiale e infantile sino alla nausea, - Lobeck ha dato a intendere, con
      grande sfoggio di erudizione, che in realtà tutti questi fatti singolari non significano nulla. In
      effetti  i  sacerdoti  potrebbero  aver  comunicato  ai  partecipanti  a  queste  orgie  qualcosa  non
      privo di valore, come per esempio che il vino eccita al piacere, che in determinate circostanze
      l'uomo vive di frutti, che le piante fioriscono in primavera e appassiscono in autunno. Quanto
      alla così sorprendente ricchezza di riti, simboli e miti di origine orgiastica, di cui il mondo
      antico  è  letteralmente  pervaso,  Lobeck  trova  in  essa  un  motivo  per  diventare  ancor  più

      spiritoso. «I Greci», egli dice in Aglaophamus,  I,  672,  «quando  non  avevano  altro  da  fare
      ridevano, saltavano, smaniavano, oppure, dato che l'uomo talvolta ha voglia anche di questo,
      si  sedevano,  piangevano  e  si  lamentavano.  Altri  in  seguito  sopraggiunsero  e  cercarono  un
      motivo per questa stravagante condotta; nacquero così, per spiegare quegli usi, innumerevoli
      leggende celebrative e miti. D'altra parte si credeva che quel farsesco tramenio  che  ormai

      aveva  luogo  nei  giorni  di  festa,  appartenesse  necessariamente  anch'esso  alla  celebrazione
      della festa, e lo si ritenne parte indispensabile del servizio divino». - Queste sono ignobili
      chiacchiere, e nemmeno per un istante si potrà prendere sul serio un Lobeck. Ben altrimenti ci
      commuove l'esaminare il concetto di «greco» quale lo hanno elaborato Winckelmann e Goethe,
      e  il  trovarlo  incompatibile  con  quell'elemento  da  cui  si  sviluppa  l'arte  dionisiaca  -  con
      l'orgiasmo. In realtà non dubito che Goethe abbia escluso per principio qualcosa di simile
      dalle possibilità dell'anima greca. Di conseguenza Goethe non comprese i Greci. Infatti solo
      nei misteri dionisiaci, nella psicologia dello stato dionisiaco si esprime il fatto fondamentale

      dell'istinto ellenico - la sua «volontà di vita». Che cosa si garantiva l'uomo ellenico con questi
      misteri?  La  vita  eterna,  l'eterno  ritorno  della  vita;  il  futuro,  promesso  e  consacrato  nel
      passato;  il  sì  trionfale  alla  vita,  oltre  la  morte  e  il  mutamento;  la  vera  vita  come  totale
      continuazione di essa tramite la procreazione, tramite i misteri della sessualità. Per i Greci il
      simbolo sessuale era pertanto il simbolo venerabile in sé, il vero senso profondo all'interno di

      tutta  l'antica  pietas.  Ogni  particolare  nell'atto  della  procreazione,  della  gravidanza,  della
      nascita  destava  i  sentimenti  più  elevati  e  solenni.  Nella  dottrina  dei  misteri,  il  dolore  è
      santificato:  le  «doglie  della  partoriente»  santificano  il  dolore  in  genere,  -  ogni  divenire  e
      crescere,  ogni  cosa  che  garantisca  il  futuro  reca  con  sé  il  dolore...  Perché  esista  l'eterno
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