Page 133 - Nietzsche - L'Anticristo, Crepuscolo degli idoli, Ecce Homo
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dicono il contrario, forse persino lo credono. Se infatti una fede è più utile, più efficace, più

      convincente di una ipocrisia consapevole, l'ipocrisia diventa subito, per istinto, innocenza:
      primo principio per comprendere i grandi santi. Anche tra i filosofi, santi di un'altra specie,
      l'intero mestiere implica che essi ammettano soltanto determinate verità: quelle, cioè, per le
      quali il loro mestiere ha la pubblica sanzione - kantianamente parlando, verità della ragion
      pratica. Essi sanno quello che debbono dimostrare, in ciò sono pratici - si riconoscono l'un
      l'altro dal fatto di concordare sulle «verità». - «Non devi mentire» - in tedesco: si  guardi,
      signor filosofo, dal dire la verità...


      43.
         Detto all'orecchio dei conservatori. - Quel che prima non si sapeva, quel che oggi si sa, si
      potrebbe  sapere  -,  una  regressione,  un  ritorno,  in  qualsiasi  senso  e  grado,  non  è  affatto
      possibile. Noi fisiologi almeno lo sappiamo. Ma tutti i preti e i moralisti vi hanno creduto, -
      essi volevano riportare l'umanità a una anteriore misura di virtù, ri avvitarla all'indietro. La

      morale  è  sempre  stata  un  letto  di  Procuste.  Persino  i  politici  hanno  imitato  in  questo  i
      predicatori  di  virtù:  esistono  tuttora  partiti  che  sognano,  come  loro  meta,  che  tutte  le  cose
      camminino al modo dei gamberi. Ma nessuno è libero di essere gambero. Non c'è niente da
      fare:  si  deve  camminare  in  avanti,  voglio  dire  camminare  passo  dopo  passo  avanti  nella
      décadence  (-  è  questa  la  mia  definizione  del  «progresso»  moderno...).  Si  può  ostacolare
      questo  sviluppo  e,  con  l'ostacolarlo,  arrestare,  accumulare  e  rendere  più  veemente  e
      improvvisa la degenerazione stessa: di più non si può. -


      44.
         Il mio concetto di genio. - I grandi uomini sono, come le grandi epoche, materiali esplosivi
      nei quali è accumulata una forza immane; il loro presupposto, fisiologico e storico, è sempre
      che a lungo si sia raccolto, accumulato, risparmiato e conservato per essi - che a lungo non sia

      avvenuta nessuna esplosione. Quando la tensione nella massa si è fatta troppo grande, basta lo
      stimolo più accidentale per chiamare al mondo il «genio», l'«azione», il grande destino. Che
      importa allora l'ambiente, l'epoca, lo «spirito del tempo», l'«opinione pubblica»! - Si prenda
      il caso di Napoleone. La Francia della Rivoluzione, e ancor più la Francia prerivoluzionaria,
      avrebbe prodotto il tipo opposto a quello di Napoleone: e lo ha  anche  prodotto.  E  poiché
      Napoleone era diverso, erede di una civiltà più forte, più lunga, più antica di quella che in
      Francia  andava  volatilizzandosi  e  frantumandosi,  egli  qui  divenne  signore,  egli  solo  fu
      signore.  I  grandi  uomini  sono  necessari,  l'epoca  in  cui  compaiono  è  fortuita;  che  essi  ne

      divengano quasi sempre signori dipende solo dal fatto che sono più forti, che sono più antichi,
      che più a lungo è stato accumulato perché si producessero. Tra un genio e la sua epoca esiste
      un rapporto come tra forte e debole, e anche come tra vecchio e giovane: l'epoca è sempre
      relativamente molto più giovane, più esile, più minorenne, più insicura, più infantile. - Che
      oggi in Francia si pensi a tal riguardo assai diversamente (anche in Germania: ma questo ha

      poca importanza), che là sia diventata sacrosanta e quasi scientifica la teoria del milieu, una
      vera teoria da nevrotici, e che questo trovi credito persino tra i fisiologi, non «fa prevedere
      nulla di buono», fa venire tristi pensieri. - Anche in Inghilterra non si pensa diversamente, ma,
      certo, nessuno si turberà per questo. Per l'Inglese solo due strade sono aperte per accordarsi
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