Page 128 - Nietzsche - L'Anticristo, Crepuscolo degli idoli, Ecce Homo
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per millenni...


      36.
         Morale  per  medici.  -  Il  malato  è  un  parassita  della  società.  In  certe  condizioni  non  è
      decoroso vivere più a lungo. Continuare a vegetare in una imbelle dipendenza dai medici e
      dalle  pratiche  mediche,  dopo  che  è  andato  perduto  il  senso  della  vita,  il  diritto  alla  vita,
      dovrebbe suscitare nella società un profondo disprezzo. I medici dal canto loro dovrebbero
      essere i portatori di questo disprezzo, - non ricette, ma ogni giorno una nuova dose di disgusto

      per il loro paziente... Creare una nuova responsabilità, quella del medico, per tutti quei casi in
      cui l'interesse supremo della vita, della vita che ascende, esiga il reprimere e lo spinger da
      parte, senza alcun riguardo, la vita che degenera - responsabilità, ad esempio, per il diritto
      alla  procreazione,  per  il  diritto  di  nascere,  per  il  diritto  di  vivere...  Morire  con  fierezza,
      quando  non  è  più  possibile  vivere  con  fierezza.  La  morte  scelta  spontaneamente,  la  morte
      eseguita al tempo giusto, con chiarezza e letizia, in mezzo a figli e a testimoni: in modo che sia

      ancora  possibile  prender  realmente  congedo,  quando  sia  ancora  presente  colui  che  si
      congeda, come pure una reale valutazione di quanto abbiamo raggiunto e voluto, una somma
      della vita - tutto ciò in antitesi a quella miserevole e orrenda commedia che il cristianesimo ha
      fatto dell'ora della morte. Non si dovrà mai perdonare al cristianesimo di aver abusato della
      debolezza del morente per violentarne la coscienza, e del modo stesso in cui si muore per dar
      giudizi di valore sull'uomo e sul suo passato! - Qui si tratta di stabilire, a dispetto di ogni viltà
      del  pregiudizio,  soprattutto  l'apprezzamento  giusto,  vale  a  dire  fisiologico,  della  cosiddetta

      morte naturale: che in ultima analisi è anch'essa una morte «innaturale», un suicidio. Non si
      perisce  mai  a  causa  d'altro  se  non  di  se  stessi.  Solo  che  la  morte  nelle  condizioni  più
      spregevoli è una morte non libera, una morte a tempo indebito, una morte da pusillanimi. Si
      dovrebbe, per amore della vita -, desiderare una morte diversa, libera, consapevole, senza
      imprevisti, senza sorprese... Infine un consiglio per i signori pessimisti e gli altri décadents.

      Non è in nostro potere evitare di venire al mondo: ma noi possiamo riparare a quest'errore -
      giacché talvolta è un errore. Se ci si sopprime si fa la cosa più degna di rispetto che esista: in
      tal modo si merita quasi di vivere... La società, che dico!, la vita stessa trae più vantaggio da
      questo  che  da  una  qualsiasi  «vita»  trascorsa  nella  rinuncia,  nell'anemia  e  in  altre  virtù  -,
      abbiamo liberato gli altri dalla nostra presenza e la vita da un 'obiezione... Il pessimismo, pur,
      vert,  si  dimostra  soltanto  mediante  l'autoconfutazione  dei  signori  pessimisti:  bisogna
      procedere  ancora  d'un  passo  nella  sua  logica,  non  negare  semplicemente  la  vita  con  la
      «volontà  e  rappresentazione»,  come  ha  fatto  Schopenhauer  -,  bisogna  innanzitutto  negare

      Schopenhauer...  Detto  tra  parentesi,  il  pessimismo,  per  quanto  contagioso  possa  essere,
      tuttavia  non  aumenta  nel  complesso  la  morbosità  di  un'epoca,  di  una  generazione:  ne  è
      l'espressione. Si cade vittime di esso così come si cade vittime del colera: si deve già essere
      sufficientemente  predisposti  alla  malattia.  Il  pessimismo  stesso  non  produce  neppure  un
      décadent in più; ricordo i risultati della statistica, secondo i quali gli anni in cui infuria il

      colera  non  si  distinguono  dagli  altri  per  quanto  riguarda  Vammontare  complessivo  delle
      mortalità.

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