Page 124 - Nietzsche - L'Anticristo, Crepuscolo degli idoli, Ecce Homo
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che essa non abbia fatto cadere il seme di tutte le cose elevate in un così bel terreno. Anche
lui, uno strano santo! - non si crede alle proprie orecchie, anche ammesso che si creda a
Platone. Per lo meno si indovina che in Atene si filosofava diversamente, soprattutto
pubblicamente. Nulla è meno greco della ragnatela concettuale intessuta da un eremita, amor
intellectualis dei al modo di Spinoza. La filosofia al modo di Platone andrebbe piuttosto
definita come una competizione erotica, come un perfezionamento e una interiorizzazione
dell'antica ginnastica agonale e delle sue premesse... Che cosa crebbe, alla fine, da questo
erotismo filosofico di Platone? Una nuova forma artistica dell'agone greco, la dialettica. -
Ricordo ancora, contro Schopenhauer e a onore di Platone, che anche tutta la più alta cultura e
letteratura della Francia classica è cresciuta sul terreno dell'interesse sessuale. In essa si può
cercare ovunque la galanteria, i sensi, la competizione tra i sessi, «la donna», - non si cercherà
mai invano...
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L'art pour l'art. - La lotta contro il fine nell'arte è sempre la lotta contro la tendenza
moraleggiante dell'arte, contro la sua subordinazione alla morale. L'art pour l'art significa:
«al diavolo la morale!». - Ma anche questa ostilità tradisce la supremazia del pregiudizio. Se
dall'arte si è escluso il fine della predicazione morale e del miglioramento degli uomini, non
ne consegue ancora che l'arte in genere sia priva di un fine, di una meta, di un senso, che sia
insomma l'art pour l'art - un verme che si morde la coda. «Meglio nessun fine di un fine
morale!» - dice la nuda passione. Uno psicologo chiederà invece: che cosa fa ogni arte? non
loda forse? non esalta forse? non sceglie? non dà risalto? Con tutto ciò essa rafforza o
indebolisce determinate valutazioni... È questo solo un fatto secondario? un caso? qualcosa di
cui l'istinto dell'artista non sarebbe per nulla partecipe? Oppure: non è il presupposto perché
l'artista possa...? Il suo più profondo istinto si rivolge all'arte o non piuttosto al senso
dell'arte, alla vita? a una vita quale si può desiderare? - L'arte è il grande stimolante alla
vita: come la si potrebbe intendere priva di fine, di meta, come l'art pour l'art? - Resta però
una questione: l'arte rende manifesti anche molti lati brutti, duri, problematici della vita, - non
sembra con ciò detestare la vita? - E in effetti ci furono filosofi che le diedero questo senso:
Schopenhauer insegnava che il «liberarsi dalla volontà» era l'intento complessivo dell'arte, e
venerava il «disporre alla rassegnazione» come la grande utilità della tragedia. - Ma questo -
l'ho già fatto capire - è ottica da pessimisti e «malocchio» -: bisogna appellarsi agli artisti
stessi. Che cosa comunica di sé l'artista tragico? Non è appunto la mancanza di paura
davanti al terribile e al problematico, ciò che egli ci mostra? - Questo stato stesso è qualcosa
di altamente desiderabile; chi lo conosce, gli tributa il massimo onore. Egli lo comunica, lo
deve comunicare, posto che sia un artista, un genio della comunicazione. Il coraggio e la
libertà del sentimento di fronte a un possente nemico, a una sublime avversità, a un problema
che suscita orrore - questo è lo stato vittorioso che l'artista tragico sceglie ed esalta. Davanti
alla tragedia il lato guerriero della nostra anima celebra i suoi saturnali; chi è avvezzo al
dolore, chi va in cerca del dolore, l'uomo eroico, con la tragedia celebra la sua esistenza, - a
lui solo l'artista tragico mesce un sorso di questa dolcissima crudeltà. -
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