Page 121 - Nietzsche - L'Anticristo, Crepuscolo degli idoli, Ecce Homo
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14.
Anti-Darwin. - Per quanto riguarda la famosa «lotta per la vita», per ora essa mi sembra più
asserita che dimostrata. Avviene, ma come eccezione; l'aspetto complessivo della vita non è
lo stato di bisogno, lo stato di fame, bensì la ricchezza, l'opulenza, persino l'assurda
dissipazione - dove si lotta, si lotta per la potenza... Non si deve scambiare Malthus con la
natura. - Ma posto che questa lotta esista - e in effetti, essa avviene -, essa ha purtroppo un
esito contrario a quel che si augura la scuola di Darwin, a quel che forse sarebbe lecito
augurarsi con essa: ossia a sfavore dei forti, dei privilegiati, delle felici eccezioni. Le specie
non crescono nella perfezione: i deboli hanno continuamente la meglio sui forti - ciò avviene
perché essi sono in gran numero, sono anche più accorti... Darwin ha dimenticato lo spirito (-
il che è inglese!), i deboli hanno più spirito... Si deve aver bisogno di spirito, per riceverne, -
lo si perde quando non se ne ha più bisogno. Chi ha la forza, fa a meno dello spirito (- «lascia
correre!», si pensa oggi in Germania, - «tanto ci resterà il Reich»...). Per spirito intendo, come
si vede, la prudenza, la pazienza, l'astuzia, la simulazione, la grande padronanza di sé e tutto
quel che è mimicry (a quest'ultima attiene una gran parte della cosiddetta virtù).
15.
Casistica di psicologi. - Quello è un conoscitore di uomini: a che scopo in realtà egli studia
gli uomini? Vuole arraffare piccoli vantaggi su di loro, o anche grandi, - è un politico!... Anche
quell'altro è un conoscitore di uomini: e voi dite che non vuole nulla per sé, che è un grande
«impersonale». Guardate meglio! Forse vuole addirittura un vantaggio anche peggiore:
sentirsi superiore agli uomini, poterli guardare dall'alto, non confondersi più con loro. Questo
«impersonale» è uno che disprezza gli uomini: e quel primo è la specie più umana, nonostante
ogni apparenza. Egli almeno si mette alla pari, almeno ci si mette dentro...
16.
Il tatto psicologico dei Tedeschi mi sembra messo in questione da tutta una serie di casi, di
cui la modestia mi impedisce di fornire l'elenco. In un solo caso non mi mancherà un valido
motivo per giustificare la mia tesi: non perdono ai Tedeschi di essersi sbagliati su Kant e sulla
sua «filosofia delle scappatoie», come io la chiamo, - questo non era il tipo dell'onestà
intellettuale. - L'altra cosa che non posso sentire è una famigerata «e»: i Tedeschi dicono
«Goethe e Schiller» - io temo che dicano «Schiller e Goethe»... Non lo si conosce ancora,
questo Schiller? - Ci sono «e» anche peggiori; ho udito con le mie orecchie, per quanto solo
tra professori universitari, «Schopenhauer e Hartmann»...
17.
Gli uomini più spirituali, premesso che siano i più coraggiosi, vivono anche le tragedie di
gran lunga più dolorose: ma onorano la vita, appunto perché essa oppone loro la sua più forte
ostilità.
18.
Sulla «coscienza intellettuale». - Nulla oggi mi sembra più raro della vera ipocrisia.
Sospetto fortemente che a questa pianta non si confaccia l'aria mite della nostra civiltà.