Page 120 - Nietzsche - L'Anticristo, Crepuscolo degli idoli, Ecce Homo
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11.
L'attore, il mimo, il danzatore, il musico, il lirico sono fondamentalmente affini nei loro
istinti e in sé sono una cosa sola, ma a poco a poco si sono specializzati e separati l'uno
dall'altro - financo alla contraddizione. Il lirico rimase assai a lungo unito al musico; l'attore
al danzatore. - L'architetto non rappresenta né uno stato dionisiaco né uno stato apollineo; ad
aspirare all'arte è qui la grande volizione, la volontà che sposta le montagne, l'ebbrezza della
grande volontà. Gli uomini più possenti hanno sempre ispirato gli architetti; l'architetto fu
sempre sotto la suggestione della potenza. Nell'edificio deve rendersi visibile l'orgoglio, la
vittoria sulla gravità, la volontà di potenza; l'architettura è una sorta di oratoria della potenza
attraverso forme, ora suadente, persino lusinghiera, ora semplicemente imperiosa. Il più alto
senso di potenza e di sicurezza ottiene espressione in ciò che ha grande stile. La potenza che
non ha più bisogno di esser dimostrata; che non si cura più di piacere; che difficilmente
risponde; che non si sente circondata di testimoni; che vive senza coscienza del fatto che si dà
contraddizione contro di lei; che riposa in sé, fatalisticamente, una legge tra leggi: questo
parla di sé come grande stile.-
12.
Ho letto la vita di Thomas Carlyle, questa farsa inconsapevole e involontaria, questa
interpretazione eroico-morale di stati dispeptici. - Carlyle, un uomo dalle parole e dagli
atteggiamenti forti, un retore per necessità, continuamente tormentato dal desiderio di una
solida fede e dal sentimento di non esserne capace (- in ciò un tipico romantico!). Il desiderio
di una solida fede non è la prova di una solida fede, ma piuttosto il contrario. Se la si
possiede, ci si può permettere il bel lusso della scepsi: si è sicuri abbastanza, saldi
abbastanza, vincolati abbastanza per ciò. Carlyle stordisce qualcosa in se stesso con il
fortissimo della sua venerazione per uomini di solida fede e con il suo furore contro quelli
meno ingenui: egli ha bisogno di chiasso. Una costante, appassionata slealtà verso se stesso -
questo è il suo proprium, grazie al quale egli è e resta interessante. - Certo, in Inghilterra egli
è ammirato proprio per la sua onestà... Ebbene, ciò è inglese; e considerando che gli Inglesi
sono il popolo del perfetto cant, è persino giusto e non solo comprensibile. In fondo Carlyle è
un ateo inglese, che si fa un punto d'onore nel non esserlo.
13.
Emerson. - Assai più illuminato, più errabondo, più complesso, più raffinato di Carlyle,
soprattutto più felice... Uno che istintivamente si nutre solo d'ambrosia, e lascia da parte quel
che nelle cose è indigesto. A petto di Carlyle, un uomo di gusto. - Carlyle, che pure lo amava
molto, disse di lui: «non ci dà abbastanza da mordere»: il che può dirsi a ragione, ma non a
svantaggio di Emerson. - Emerson possiede quella gaiezza bonaria e intelligente che scoraggia
ogni serietà; non sa affatto quanto sia già vecchio e quanto giovane sarà ancora, - di sé
potrebbe dire, con una frase di Lope de Vega: «yo me sucedo a mi mismo». Il suo spirito trova
sempre motivi per esser contento e perfino riconoscente; e sfiora talvolta la serena
trascendenza di quel galantuomo che tornava da un convegno amoroso tamquam re bene gesta.
«Ut desint vires», disse con riconoscenza, «tamen est laudanda voluptas.» —