Page 123 - Nietzsche - L'Anticristo, Crepuscolo degli idoli, Ecce Homo
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conclusione: le sue premesse sono accumulate in enorme quantità nell'istinto. Il brutto viene
inteso come segno e sintomo di degenerazione: quel che sia pure alla lontana ricorda la
degenerazione, provoca in noi il giudizio di «brutto». Ogni segno di esaurimento, di
pesantezza, di vecchiaia, di stanchezza, ogni specie di non libertà, come il crampo, la paralisi,
soprattutto l'odore, il colore, la forma del disfacimento, della putrefazione, sia pure nella loro
estrema rarefazione in simbolo - tutto ciò provoca un'identica reazione, il giudizio di valore
«brutto». Un odio qui insorge: che cosa odia allora l'uomo? Ma non esiste dubbio: il tramonto
del suo tipo. Egli qui odia dal più profondo istinto della specie; in questo odio c'è brivido,
preveggenza, profondità, lungimiranza, - è l'odio più profondo che esista. E a causa sua l'arte è
profonda...
21.
Schopenhauer. - Schopenhauer, l'ultimo tedesco che vada preso in considerazione (- che sia
un fatto europeo, come Goethe, come Hegel, come Heinrich Heine, e non semplicemente un
fatto locale, «nazionale»), è per uno psicologo un caso di prim'ordine: ossia come tentativo
perverso e geniale di chiamare in campo, a favore di una complessiva valutazione nichilistica
della vita, proprio le istanze opposte, le grandi autoaffermazioni della «volontà di vita», le
forme d'esuberanza della vita. Egli ha interpretato, nell'ordine, l'arte, l'eroismo, il genio, la
bellezza, la grande compassione, la conoscenza, la volontà di verità, la tragedia, come effetti
della «negazione» o del bisogno di negazione del «volere» - la più grande falsificazione
psicologica che, a parte il cristianesimo, esista nella storia. A un'osservazione più attenta egli
è in ciò semplicemente l'erede dell'interpretazione cristiana: solo che ha saputo approvare
ancora in senso cristiano, ossia nichilistico, anche quel che il cristianesimo aveva respinto, i
grandi fatti culturali dell'umanità (- ossia come vie per la «redenzione», come forme
preliminari della «redenzione», come stimolanti del bisogno di «redenzione»...).
22.
Prendo un caso particolare. Schopenhauer parla della bellezza con un ardore malinconico, -
perché, in ultima analisi? Perché in essa egli vede un ponte sul quale ci si spinge avanti,
oppure si è presi dalla sete di spingersi più avanti... Essa è per lui la momentanea redenzione
della «volontà» - essa invita alla redenzione eterna... In particolare egli la elogia come
redentrice del «punto focale della volontà», della sessualità, - nella bellezza vede negato
l'istinto della procreazione... Strano santo! Qualcuno ti contraddice ed è, temo, la natura. A che
scopo esiste in generale la bellezza nel suono, nel colore, nel profumo, nel ritmico movimento
della natura? che cos'è a far spuntare la bellezza? - Per fortuna lo contraddice anche un
filosofo. L'autorità, nientemeno, del divino Platone (- è Schopenhauer stesso a chiamarlo
così), sostiene un altro principio: che ogni bellezza stimola alla procreazione, - che appunto
questo è il proprium del suo effetto, dai fatti più sensuali a quelli più spirituali...
23.
Platone va oltre. Dice, con un'innocenza per la quale bisogna esser Greci e non «cristiani»,
che non esisterebbe filosofia platonica se ad Atene non ci fossero giovinetti così belli: basta
la loro vista a trasportare in un'erotica ebbrezza l'anima del filosofo e a non darle pace sino a