Page 127 - Nietzsche - L'Anticristo, Crepuscolo degli idoli, Ecce Homo
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decadenza, la degenerazione cronica, la malattia (- le malattie sono, in complesso, già
conseguenze e non cause della decadenza) non gli spetta molto valore, e la più ovvia equità
vuole che porti via il meno possibile ai ben riusciti. È semplicemente il loro parassita...
34.
Cristiano e anarchico. - Quando l'anarchico, come portavoce di strati sociali in declino,
reclama con bella indignazione «diritto», «giustizia», «parità di diritti», egli si trova soltanto
sotto il peso della sua incultura, che non sa comprendere perché egli in realtà soffra, - di che
cosa sia povero, di vita... Lo domina un impulso di causalità: qualcuno deve aver colpa del
fatto che egli si trovi male... La «bella indignazione» gli fa inoltre anche bene, per tutti i
poveri diavoli brontolare è un piacere - fa provare una piccola ebbrezza di potere. Già la
lamentela, il lagnarsi possono conferire alla vita un fascino grazie al quale la si sopporta: in
ogni lamentela c'è una sottile dose di vendetta, il proprio star male, a volte persino la propria
malvagità, li si rinfaccia a coloro che sono diversi, come un'ingiustizia, un inammissibile
privilegio. «Se io sono una canaglia, anche tu dovresti esserlo»: la rivoluzione si fa in base a
questa logica. - In nessun caso il lagnarsi approda a qualcosa: esso proviene dalla debolezza.
Che si ascriva il proprio star male agli altri o a se stessi - la prima cosa la fa il socialista, la
seconda, per esempio, il cristiano -, non costituisce una vera e propria differenza. L'elemento
comune, diciamo anche l'indegno in ciò, è che qualcuno debba essere colpevole del fatto che
si soffra - insomma che colui che soffre si prescriva, contro la propria sofferenza, il miele
della vendetta. Gli oggetti di questo bisogno di vendetta, che è come un bisogno di piacere,
sono cause occasionali: il sofferente trova ovunque cause per dare sfogo alla sua piccola
vendetta, - se è cristiano, ripetiamo, le trova in se stesso... Il cristiano e l'anarchico - ambedue
sono décadents. - Ma anche quando il cristiano condanna, diffama, insozza il «mondo», lo fa
per lo stesso istinto per cui il lavoratore socialista condanna, diffama, insozza la società: il
«giudizio universale» stesso è ancora il dolce conforto della vendetta - la rivoluzione come se
l'aspetta anche il lavoratore socialista, solo pensata un po' più lontana... L'«al di là» stesso - a
che servirebbe un al di là se non fosse un mezzo per insozzare l'ai di qua?...
35.
Critica della morale della décadence. - Una morale «altruistica», una morale in cui
l'egoismo languisca -, resta in ogni caso un brutto segno. Ciò vale per il singolo, ciò vale
soprattutto per i popoli. Viene a mancare il meglio, quando comincia a mancare l'egoismo.
Scegliere istintivamente ciò che è dannoso per noi, essere allettati da motivi «disinteressati»
fornisce quasi la formula della décadence. «Non cercare il proprio vantaggio» - è
semplicemente la foglia di fico per uno stato di fatto ben diverso, ossia fisiologico: «non so
più trovare il mio vantaggio»... Disgregazione degli istinti! - Quando diventa altruista, l'uomo
è finito. - Invece di dire ingenuamente «io non valgo più nulla», la menzogna della morale
sulla bocca del décadent dice: «Nulla ha valore, - la vita non vale nulla»... Un tale giudizio
resta infine un grave pericolo, ha un effetto contagioso, - su tutto il fradicio terreno della
società esso non tarda a lussureggiare in una tropicale vegetazione di concetti, ora come
religione (cristianesimo), ora come filosofia (schopenhauerismo). Talvolta questa vegetazione
di tossicodendri, cresciuta dalla putrefazione, avvelena con i suoi miasmi la vita, lungamente,