Page 87 - Keplero. Una biografia scientifica
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all’improvviso torna a parlare della propria opera, sottolineando
alcuni concetti che non avevano ricevuto la giusta luce nelle
pagine precedenti. In queste righe il pianeta Marte perde il ruolo
di protagonista, lasciando spazio alla universalità richiesta da
quella che si è compresa essere una struttura generale del cosmo.
Keplero illustra i risultati che probabilmente ha acquisito
quando ormai il libro era quasi terminato, primo tra tutti la
scoperta della forma perfettamente ellittica dell’orbita dei
pianeti. Accanto all’enunciazione di questa importante legge,
trova spazio la decisione di rinunciare, sulla scia di Brahe, alla
solidità delle orbite, come pure una serie di riflessioni sui tipi di
facoltà, ovvero di forze, che governano i moti dei pianeti nei
cieli.
Che cosa muove i pianeti
Entriamo ora nel vivo dell’Astronomia nova. Il vero motore
dell’opera consiste nel considerare il Sole come centro del
sistema solare e come causa del movimento della Terra e degli
altri pianeti. Come si è già visto, Copernico e Brahe centravano i
loro sistemi sul Sole medio, come era allora chiamato il centro
dell’orbita terrestre. La Terra assumeva perciò, ancora una volta,
un ruolo di riferimento per tutti gli altri pianeti. Con questa
ipotesi, rispetto alle previsioni calcolate grazie alle tavole che si
rifacevano ai diversi sistemi astronomici, Marte continuava a
perdere cinque minuti d’arco, una quantità non più trascurabile
dopo il lavoro di Tycho Brahe. Per comprendere l’entità
dell’errore che persuade Keplero a rimettere in gioco tutte le
carte, si consideri che il diametro apparente della Luna è pari a
circa trenta minuti d’arco, un valore sei volte maggiore.