Page 142 - Keplero. Una biografia scientifica
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dell’ottica di fine Cinquecento: secondo quale modalità si
trasmette un «qualcosa» dalla realtà esterna fino al nostro senso
della vista, e in che modo avviene la traduzione di questo
«qualcosa» dall’organo di senso al cervello? Anche Della Porta,
nonostante i nove Libri del suo De refractione del 1593 siano
fondamentali per l’ottica delle sfere di vetro e degli occhiali, non
fornisce una risposta a queste domande. Egli diviene
popolarissimo grazie al De magia naturalis, opera in cui narra le
meraviglie prodotte dalla camera oscura, che aveva migliorato
personalmente apponendo davanti al piccolo foro di ingresso
una lente di vetro. Una sua importante intuizione, di cui in
seguito si impadronisce Keplero, è inoltre quella di mettere in
analogia la camera oscura con l’occhio umano, senza arrivare
tuttavia a costruire un modello soddisfacente per il meccanismo
della visione.
In merito al problema di come l’immagine giunga all’occhio,
la posizione classica assunta dalla corrente dei prospettivisti
consisteva nel sostenere che il nostro occhio percepisce solo i
raggi che lo raggiungono lungo una direzione perfettamente
perpendicolare a esso. L’asserzione era insostenibile, in quanto
confutata già dalla comune esperienza, e i prospettivisti furono
perciò costretti a rinunciarvi; ma a questo punto nell’occhio
sembrava regnare un disordine totale. Limitandosi a considerare
solo i raggi perpendicolari, si aveva una corrispondenza uno a
uno tra i punti della realtà visibile a un osservatore e quelli di un
ipotetico «schermo sensibile», posto all’interno dell’occhio. Al
contrario, se da ogni oggetto parte un numero infinito di raggi,
il cervello non sembra più in grado di comprendere cosa si stia
guardando: in ciascun punto della parte recettiva dell’occhio,