Page 147 - Keplero. Una biografia scientifica
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raggi, è permesso di attraversare una stretta fessura, che egli
mette immediatamente in analogia con la pupilla. In effetti, essa
funge proprio da diaframma, così che, stringendo la pupilla, si
allunga il campo visivo, cioè la profondità della regione
osservata che appare a fuoco. Un ulteriore commento di
Keplero riguarda poi la forma della parte posteriore del
cristallino, che è iperbolica. Egli sostiene che la si debba
preferire a quella sferica, perché, come ha già dimostrato nel
caso delle lenti, la forma iperbolica diminuisce ulteriormente le
aberrazioni, allungando a sua volta il campo visivo.
L’ottica di Keplero si sviluppa a partire dai concetti di raggio,
punto oggetto e punto immagine. Egli ha abbandonato le specie,
introdotte da Avicenna (980-1037) sulla scia degli antichi
simulacri, piccole immagini in miniatura che uscivano dai corpi
e arrivavano all’occhio provocando la sensazione di vedere un
determinato oggetto. La tradizione basata sulle specie è talmente
radicata, che la strada intrapresa da Keplero è difficilmente
praticabile per i suoi contemporanei e le due maggiori opere di
ottica successive, il De lumine di padre Grimaldi, del 1665, e La
lumière di De la Chambre, del 1662, sono ancora
completamente immerse nella teoria delle specie. L’idea
kepleriana dell’immagine retinica sembra dunque caduta nel
vuoto. Addirittura, il fatto che Keplero si ispiri alle novità di
Della Porta, che è ritenuto quasi un ciarlatano, mette a disagio la
comunità scientifica. A questo proposito, per esempio, Giovanni
Sagredo scrive a Galileo di quanto sia stupito per il fatto che una
persona razionale quale Keplero dimostri gratitudine verso una
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tal sorta di stregone .