Page 141 - Keplero. Una biografia scientifica
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Ormai Keplero ha radunato tutti gli strumenti necessari, e nel
Capitolo V affronta la teoria della visione, premettendo alla
propria trattazione, come sempre, un riepilogo critico delle
teorie a lui precedenti e contemporanee. Oltre ad Alhazen e
Vitellio, Keplero ricorda i testi classici di Euclide e di John
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Pecham , mentre, tra i suoi contemporanei, cita ripetutamente
Giovanni Battista Della Porta. Infine, anche se non lo nomina in
maniera esplicita, sarebbero riscontrabili profonde affinità con
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le idee di Francesco Maurolico , tanto da far credere che
Keplero abbia potuto in qualche modo accedere agli scritti dello
scienziato siciliano. Questo nonostante l’opera a cui avrebbe
attinto – i Photismi de lumine et umbra – sia stata pubblicata
solo nel 1611, cioè trentasei anni dopo la morte dell’autore e
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sette anni dopo la stampa dell’Optica . Nei Photismi, infatti, si
trovano molte informazioni preziose, scritte, anche se non
pubblicate, molto prima che Keplero iniziasse a occuparsi di
questi temi. Per esempio, Maurolico vi spiega il funzionamento
della camera oscura; in quelle pagine, inoltre, si osserva che
l’umore cristallino dell’occhio ha la funzione di una lente
biconvessa, con la proprietà di modificare la direzione dei raggi.
Ancora, Maurolico spiega la miopia e l’ipermetropia, e
individua le lenti adatte a correggere ciascun difetto prendendo
in esame, per la prima volta in un testo scientifico, non lenti
sferiche da laboratorio, ma conspicilia, comuni lenti da occhiali.
Tuttavia, Maurolico è ancora lontano dal comprendere il
meccanismo della visione: sia perché sostiene che la percezione
delle immagini avviene nel cristallino, sia perché immagina che
da ciascun oggetto parta un unico raggio, diretto verso l’occhio
dell’osservatore. Questi sono i due punti più problematici