Page 63 - Keplero. Il cosmo come armonia di movimenti
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degli strumenti artificiali, di cui non è ancora accettato l’uso nella scienza. Sollecitato
        da quelle sere osservative, Keplero è spinto a scrivere un importante trattato di ottica,
        La diottrica.
             Possono colpire i silenzi di Galilei o certe sue pagine di aspra critica ai lavori di
        Keplero, come quando nel Dialogo sopra i massimi sistemi ne critica gli studi sulle

        maree  e  la  gravità.  Ma,  come  nel  caso  di  Tycho,  la  statura  scientifica  di  questi
        personaggi emerge nella reciproca e sincera stima professionale, che rimane intatta al di
        là delle profonde differenze culturali e caratteriali. E l’alta considerazione che Galilei
        ha di Keplero emerge dagli importanti anagrammi che gli invia in quegli anni.
             All’epoca  non  esistevano  riviste  scientifiche  e  per  brevettare  un’idea  o  una
        osservazione si utilizzavano due metodi: o scrivere una lettera a un personaggio che
        fosse di riferimento per il proprio campo di studi, oppure inviare a persone di fiducia

        un anagramma che, nascondendo la scoperta, la tutelasse fino alla pubblicazione di un
        vero  e  proprio  libro.  Galilei  dapprima  invia  a  Keplero  un  messaggio  criptato:
        «Smaismrmilmepoetaleumibunenugttauiras»,  che  anagrammato  dice:  «Altissimum
        planetam tergeminum observavi» e cioè che aveva osservato Saturno come un pianeta
        trilobato.  Si  tratta  di  un  primo  indizio  di  quelli  che  risulteranno  essere  gli  anelli  di
        Saturno, ma Keplero, pur vero appassionato di rompicapi, risolve l’anagramma come

        l’annuncio che Galilei avesse osservato anche due Lune di Marte.
             Non  gli  va  meglio  con  l’invio  successivo.  «Haec  immatura  a  me  iam  frustra
        leguntur oy», scrive Galilei, frase che apparentemente significa «Queste cose immature
        sono  state  già  lette  inutilmente  da  me  –  o.y.»  ma  che  anagrammata  dice:  «Cynthiae
        figuras aemulatur Mater Amorum», rivelando così di avere osservato le fasi su Venere
        (la Mater Amorum), che sono del tutto simili a quelle della Luna (Cynthia ne era un
        antico appellativo).

             Si tratta di una scoperta molto importante, perché le fasi sono possibili solo se la
        fonte di luce, il Sole, è al centro dell’orbita, quindi nel sistema copernicano, ma ancora
        una volta Keplero deve aspettare l’annuncio ufficiale, poiché conclude che l’anagramma
        nasconda  la  presenza  su  Giove  di  una  macchia  rossa  che  ruota  secondo  leggi
        matematiche.  Stupisce  il  fatto  che  Keplero  fallisca  entrambe  le  volte,  e  nello  stesso

        tempo  in  tutti  e  due  i  casi  anticipi  due  realtà  scientifiche,  le  due  lune  di  Marte  e  la
        macchia rossa di Giove, che verranno scoperte solo molti anni più tardi.


        Paul  Guldin  (1577-1643)  e  i  gesuiti.  Nonostante  il  clima  teso  tra  le  confessioni
        cristiane,  Keplero,  luterano  sin  dalla  nascita,  ebbe  profonde  e  durature  amicizie  con
        diversi  scienziati  gesuiti.  Di  alcuni  sono  conservate  solo  alcune  lettere,  in  cui  essi
        manifestano il loro apprezzamento. È il caso dell’austriaco Christoph Grienberger e del
        belga Odo van Maelcote, entrambi al Collegio Romano, che negli stessi anni firmano
        una famosa lettera di plauso del Sidereus nuncius di Galilei al cardinale Bellarmino.

             Un posto particolare nella vita di Keplero è occupato da Paul Guldin, matematico
        gesuita  svizzero,  ricordato  per  studi  legati  al  volume  di  solidi  di  rotazione  e  al
        problema dei centri di gravità. Di origine ebraiche ma con genitori protestanti, diviene
        cattolico a venti anni. Divenuto gesuita manifesta eccellenti doti matematiche e viene
        mandato a studiare a Roma, dove ha come professore Christophorus Clavius, uno dei
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