Page 67 - Keplero. Il cosmo come armonia di movimenti
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micrometro, uno strumento di precisione che permette di misurare la grandezza angolare
        di  ciò  che  si  osserva.  Gascoigne  aveva  compreso  che  era  possibile  utilizzare  il
        micrometro sul telescopio kepleriano dopo che un ragno aveva tessuto la sua tela sul
        fuoco  del  suo  telescopio  e  la  tela  era  risultata  come  una  griglia  sovrapposta  alle
        immagini osservate.

             Uno  dei  limiti  del  telescopio  kepleriano  è  che  il  maggior  ingrandimento  è
        accompagnato  da  una  maggiore  aberrazione  sferica  e  cromatica,  ovvero  da  maggiori
        distorsioni e formazioni di aloni colorati. Per ovviare a questi difetti, risolti in maniera
        efficace solo nella seconda metà del Settecento, si formarono nei decenni successivi
        corporazioni di artigiani specializzate nella lavorazione delle lenti e nella costruzione
        di  telescopi  sempre  più  grandi.  Ciò  portò  nel  XVII  secolo  alla  realizzazione  di
        “telescopi aerei”, privi di tubo, con l’obiettivo appoggiato su una torre e l’oculare a

        terra, dove si trovava l’osservatore.




        LA MISSIONE KEPLER DELLA NASA


        Il nome di Keplero è ancora oggi al centro dell’attività della ricerca di punta. È il caso

        per esempio di questa missione della Nasa, tesa alla ricerca di altri mondi. Lo scopo
        della missione è di esplorare la struttura e la varietà di sistemi planetari, indagando un
        vasto numero di stelle nella nostra regione della Via Lattea.
             In particolare la missione vuole determinare quale percentuale dei pianeti osservati
        si trova nella regione detta di abitabilità (ovvero a distanze dalla propria stella tali per
        cui le temperature superficiali permettono la presenza di acqua allo stato liquido) ed
        abbia caratteristiche simili alla Terra. La maggior parte dei pianeti individuati è però

        decisamente più grande. Questo non significa che i pianeti più piccoli siano in numero
        inferiore, ma semplicemente che sono un po’ più difficili da vedere.
             Se la scelta del nome Kepler è perfetta per il fatto che la missione utilizza la sua
        terza legge per determinare la distanza di un pianeta dalla sua stella, la Nasa ci dice che
        l’assegnazione del nome vuole onorare il fatto che Keplero riuscì a ottenere le proprie

        leggi a partire dai dati sperimentali, divenendo così il primo astrofisico della storia.
        Infine, un altro ottimo motivo nel prendere Keplero come padrino della missione è il
        suo  obiettivo  di  cercare  la  vita  al  di  fuori  del  nostro  pianeta,  una  vita  della  cui
        possibilità, se non certezza, Keplero è sempre stato convinto.
             Alla base della missione Kepler vi è il cosiddetto metodo dei transiti. Quando un
        pianeta passa davanti alla propria stella, Kepler misura una leggera attenuazione della
        intensità luminosa della stella registrata, per un lasso di tempo mediamente compreso
        tra  tre  e  sedici  ore.  Se  questa  diminuzione  avviene  con  regolarità,  possiamo

        ragionevolmente dedurre di aver scoperto un pianeta. Dal valore della diminuzione di
        luminosità, possiamo stimare la grandezza del pianeta.
             L’intervallo di tempo compreso tra due diminuzioni sarà il periodo di rotazione del
        pianeta attorno alla sua stella, il quale ci permette di calcolare, grazie alla terza legge di
        Keplero, le dimensioni dell’orbita. Il raggio orbitale del pianeta e la temperatura della

        sua stella sono i punti di partenza per stimare la temperatura sulla superficie di quel
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