Page 47 - Keplero. Il cosmo come armonia di movimenti
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Il titolo completo dell’opera è I cinque libri della scienza dell’armonia del mondo
        ed  è  l’espressione  del  progetto  universale  dell’astronomo  tedesco,  che  è  quello  di
        rintracciare leggi di armonia in ogni aspetto della creazione. Composta da cinque libri,
        in  essa  le  stesse  relazioni  armoniche  vengono  applicate  alla  geometria  come
        all’astrologia, alla politica come all’astronomia o alla musica, in un discorso di cui si

        può  cogliere  la  continuità  solo  se  si  superano  le  barriere  moderne  tra  le  diverse
        discipline.
             Molti  sono  i  segnali  che  indicano  la  precisa  volontà  di  Keplero  di  arrivare  a
        determinare  una  ragione  delle  velocità  dei  pianeti.  Già  in  una  lettera  scritta  quasi
        vent’anni prima aveva accennato all’intenzione di scrivere un testo dedicato all’armonia
        del mondo, dove avrebbe analizzato le cause dei movimenti dei pianeti. E il titolo del
        quinto  libro  ribadisce  questa  volontà:  Sull’armonia  perfettissima  dei  moti  celesti  e

        come della stessa si ricavino eccentricità, semidiametri e tempi periodici.
             Come le altre opere di Keplero, l’Armonia del mondo ci permette di seguire nei
        dettagli il lungo tragitto che lo conduce alla sua terza legge. Keplero nella sua ricerca di
        un’armonia celeste si appoggia su una lunghissima tradizione. In particolare in quegli
        anni ha molto consenso il modello proposto dal medico inglese Robert Fludd, dove si
        immagina l’universo come un immenso monocordo, accordato dalla mano di Dio che

        sbuca dalle nuvole. Sulla tastiera del monocordo sono disposti i capotasti, a distanze
        dal ponticello proporzionali a quelle dei pianeti dal centro del cosmo. Esistono versioni
        di monocordi tolemaici e di monocordi copernicani, ma in entrambi i casi si immagina
        che, pizzicando le corde fermate ai vari capotasti, si possa ascoltare l’armonia delle
        sfere.
             Keplero decide innanzi tutto di mettere alla prova il modello proposto da Fludd e di
        verificare se effettivamente una corda suddivisa secondo tali regole darebbe origine a

        consonanze  musicali,  con  un  atteggiamento  moderno,  incomprensibile  ai  suoi
        contemporanei. I dati di Tycho non lasciano dubbi: sia nel caso copernicano sia nel caso
        tolemaico le proporzioni tra i raggi orbitali non possono essere prese a modello per una
        armonia dei cieli.



            Forse  Keplero  ne  avrebbe  potuto  dedurre  che,  semplicemente,  non
            esiste  una  armonia  dei  cieli.  Ma  egli  si  è  formato  con  una  convinzione
            profonda  che  l’armonia  esista,  e  decide  piuttosto  di  cercarla  in  un
            parametro differente: nelle velocità e non nelle distanze.



        Prosegue  il  suo  percorso  ripartendo  da  un  modello  ben  più  antico.  Nel  Mito  di  Er
        contenuto  nella  Repubblica,  Platone  aveva  immaginato  delle  sirene  sedute  sopra  i
        pianeti  in  orbita  nel  sistema  solare.  Poiché  i  pianeti  hanno  velocità  di  rivoluzione
        differenti, ciascuna sirena emetteva un suono corrispondente a quella precisa velocità. E
        l’insieme delle note emesse dalle sirene dava origine all’armonia delle sfere. Le orbite
        di Platone erano circolari e le velocità uniformi, quindi ogni sirena emetteva un unico

        suono. Ma la situazione per Keplero è nettamente diversa, alla luce delle sue due prime
        leggi:  le  orbite  sono  ellittiche  e  ogni  pianeta  aumenta  la  propria  velocità  mentre  si
        avvicina al Sole e la diminuisce mentre se ne allontana.
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